“In Italia abbiamo ammortizzatori sociali sufficienti a tamponare la disoccupazione”. “La fine del tunnel la vedremo nel 2010”. Queste le dichiarazioni del ministro della Pubblica Amministrazione Brunetta, da sempre avvezzo ad abbeverarsi alla fonte miracolosa del profumatissimo ottimismo. Al confronto, le riflessioni del nostro presidente Napolitano sembrano viziate da oscuri presagi, che andrebbero a concretizzarsi nei prossimi mesi con serie conseguenze sul mercato del lavoro, già prepotentemente triturato dall’istinto predatorio della crisi più violenta dopo quella del 1929, scatenatasi sull’economia globale ormai da diversi anni.
Certamente due opinioni opposte, da leggere con i dovuti filtri interpretativi imposti dai rispettivi ruoli istituzionali ricoperti dai loro autori. Se, però, provassimo a ragionare con la schiettezza dell’uomo comune, che magari ha poca confidenza con le laboriose elucubrazioni di economia politica sviscerate dai grandi della Terra nei numerosi summit internazionali, ma ha un intuito finissimo quando si ritrova a far quadrare a stento il proprio bilancio familiare, giungeremmo a conclusioni ben più realistiche. Che il mercato occupazionale sia strozzato da pratiche di concorrenza sleale, che i posti chiave dell’assetto amministrativo e dirigenziale della nostra società siano presi d’assalto da una casta di pochi eletti, che il merito non sia il primo ed unico parametro di selezione dei futuri occupati, sono tutte verità provate dalla realtà sociale in cui viviamo e che sarebbe stupido negare. I governi che si sono succeduti alla guida del nostro Paese, con programmi e promesse elettorali diversi ma sorprendentemente uguali nell’atto della loro mancata realizzazione, sembrano girare attorno all’ostacolo senza mai trovare il rimedio risolutivo per questo cancro sociale che sta mettendo a repentaglio il presente di un’intera generazione di obbligati “bamboccioni” e il futuro dell’intera economia internazionale.
Sembra che lo scioglimento del problema occupazionale sia un’equazione a tre incognite che manderebbe in tilt il cervello anche del primo della classe. Eppure le strade da percorrere sono semplici e chiare come l’acqua del nostro mare: incentivi alle imprese, più facilità di accesso al credito, concorsi trasparenti, ricambio generazionale, valorizzazione dei giovani laureati, innovazione, ricerca e via dicendo. Non slogan elettorali, non proclami menzogneri, ma strumenti concreti per illuminare quel tunnel che, altrimenti, rischia di diventare più buio della mezzanotte.
Cinzia Rubano