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Segnale di pericolo

Fino a che non sarà modificata la legge vigente gli autovelox dovranno sempre essere segnalati già a 4 km di distanza, obbligo che tuttavia già non sussiste per gli Speed Control montati sulle auto di pattuglia 

 

L’autovelox è uno dei tanti strumenti che vengono impiegati dalle Forze dell’ordine per cercare di ridurre la velocità sulle strade, allo scopo di evitare il verificarsi di gravi incidenti stradali. All’interno di un sistema di deterrenza e vigilanza come l’autovelox qualcosa, tuttavia, non funziona sempre alla perfezione. Molte volte gli utenti lamentano una sorta di “abuso” dell’utilizzo di questi strumenti elettronici per il controllo della velocità da parte dei Comuni per aumentare gli introiti delle casse comunali che, tuttavia, non vengono investiti a loro volta in interventi per la sicurezza stradale o l’educazione alla sicurezza nelle scuole. 

Nonostante il Codice della Strada dal 2010 imponga agli enti di specificare il totale delle somme incassate con queste attrezzature e il modo in cui queste risorse vengano impiegate, da 7 anni si aspetta un decreto ministeriale che definisca come questa comunicazione debba avvenire, nell’attesa si va avanti come se nulla fosse.

L’abolizione dei cartelli stradali che indicano la presenza di autovelox, paventata nei giorni scorsi, farebbe decadere uno dei principali appigli con cui generalmente si fa ricorso contro una multa elevata tramite strumenti elettronici. Infatti, l’uso di apparecchi come gli autovelox deve essere preventivamente segnalato tramite appositi cartelli, ben visibili. Nel caso di apparecchi mobili, per intenderci quelli montati sui cavalletti a lato della strada o dentro l’auto della polizia, è obbligatoria la presenza degli agenti a presidio dell’apparecchio. La contestazione deve inoltre essere immediata. È ammessa la multa spedita a casa solo se è impossibile, per motivi di sicurezza, fermare il trasgressore.

Le apparecchiature devono sempre essere segnalate in una distanza massima che è stabilita dalla legge ed è di 4 Km. Non esiste, invece, una distanza minima per il segnale, anche se è mediamente abituale collocarlo alle seguenti distanze: 80 metri sulle strade urbane; 150 metri sulle strade extraurbane secondarie o urbane ad alto scorrimento; 250 metri sulle autostrade o strade extraurbane principali. L’unica eccezione è consentita per gli apparecchi a modalità dinamica, cioè Speed Control e simili: per questi strumenti, che vengono montati sulle auto di pattuglia, non esiste obbligo di segnalazione. Infine, l’uso di autovelox fissi su strade urbane non è consentito, a meno che non si tratti di strade a scorrimento, per cui è necessaria l’autorizzazione del Prefetto. Altro elemento su cui si può far leva per un eventuale ricorso è quello legato al certificato di taratura periodica, in assenza del quale il ricorso è ammissibile. 

 

Il dilemma della taratura 

 

Mentre a Roma si discute sull’opportunità o meno di eliminare i segnali stradali e le informazioni da app e navigatori satellitari che possano avvisare della presenza di autovelox, dal Ministero delle Infrastrutture è in arrivo un decreto che intende regolare un’altra questione calda legata ai controlli di velocità: la taratura degli apparecchi. La sentenza della Corte Costituzionale n. 113 del 29 aprile 2015 ha infatti chiarito che gli autovelox, per essere impiegati in modo corretto, devono essere periodicamente tarati, soggetti cioè a una revisione periodica (in genere almeno una volta all’anno) che ne attesti il regolare funzionamento. A questo si aggiunga il fatto che ogni apparecchiatura deve essere dotata di un certificato di collaudo iniziale. Ogni automobilista al quale viene comminata una multa per un’infrazione rilevata con autovelox può prendere visione del certificato di collaudo e quello attestante la taratura periodica attraverso un’istanza di accesso agli atti amministrativi: in caso di inosservanza o mancanza da parte dell’ente, la sanzione è automaticamente nulla. 

La questione non è di poco conto in quanto la taratura periodica costituisce una voce di spesa per l’ente pubblico. E sono tante le multe che vengono annullate dai Giudici di pace perché gli stessi enti risparmiano sulla manutenzione degli apparecchi. 

 

Quando la prudenza non è mai troppa 

 

La legge sull’omicidio stradale è stata fortemente voluta dalle associazioni delle vittime della strada e da quelle che si battono per una maggiore sicurezza della circolazione sui manti d’asfalto che collegano in lungo e in largo l’Italia. Per loro, l’eventuale abolizione dei cartelli che segnalano autovelox e controlli elettronici della velocità viene vista in maniera positiva, un ulteriore passo avanti verso una maggiore prudenza quando si è alla guida della propria vettura o della propria moto. D’altronde, per ridurre al minimo i sinistri stradali basterebbe rispettare i limiti di velocità e avere meno distrazioni alla guida. “Secondo me il cartello non è necessario -sottolinea Eva Ruggeri, referente dell’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada Onlus-. Uno quando si mette in strada conosce il limite di velocità, la responsabilità è sempre dell’automobilista. Questa inversione dell’onere della prova mi sembra fuori luogo. Non vedo perché di volta in volta un conducente deve essere avvisato che c’è l’autovelox. Mi sembra un cavillo per evitare la multa, un semplice appiglio per poter fare ricorso contro una multa”. 

Colpa secondo la referente dell’Aifvs, di un’atavica allergia italica al rispetto delle regole, di un cambio culturale netto che tarda a realizzarsi e che, per esempio, vede nell’autovelox solo uno strumento per fare cassa da parte degli enti che gestiscono un determinato tratto stradale, anziché come una sorta di promemoria di una prudenza che non va mai trascurata. 

“Prima di tutto l’autovelox serve come deterrente -precisa Ruggeri-. Poi magari in ultima analisi può verificarsi qualche introito aggiuntivo a favore degli enti, ma se rispettassimo i limiti di velocità non ci sarebbero problemi né multe. Anche all’ingresso di Maglie, in quelle stesse strade per cui ora ci si lamenta per la presenza di autovelox, in passato ci sono stati diversi incidenti mortali”. 

Se non è una questione di coscienza personale, insomma, che sia almeno la paura di una multa a far alzare il piede dall’acceleratore. Una rivoluzione culturale che si fa sempre più necessaria e che diventa urgenza in un periodo dell’anno, come quello estivo, in cui aumenta a dismisura il traffico, circolano più ciclisti e motociclisti per cui la prudenza e l’attenzione devono essere sempre al massimo. 

“Gli autovelox come i tutor come i controlli delle forze dell’ordine o gli etilometri sono tutti strumenti utili. Purtroppo entrare nelle scuole per fare prevenzione sin dai più giovani non è sempre facile, i genitori non danno il buon esempio guidando col telefonino in mano. È vero anche che molte strade necessitano di interventi migliorativi, ad esempio quelle che a margine della carreggiata hanno ulivi secolari o tronchi per cui anche una minima distrazione equivale a perdere il controllo del mezzo, con esiti tragici”. E c’è, poi, la legge sull’omicidio stradale che ancora non dà i frutti sperati: “Il giudice non deve comminare per forza la pena massima, valuta di caso in caso. A livello di giustizia sociale è mortificante sapere che la persona che, più o meno deliberatamente, ha ucciso un tuo caro non ha subito alcuna conseguenza”. 

 

Alessio Quarta