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Sciopero della fame per i lavoratori della Pista Porsche

Nuova forma di protesta per 15 operai che dal 29 marzo sono in presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda 

 

I lavoratori della Pista Porsche di Nardò, in presidio permanente davanti ai cancelli dell’azienda dallo scorso 29 marzo, hanno avviato uno sciopero della fame ad oltranza rivendicando i loro diritti e chiedendo di essere ascoltati. Sono 15 gli operai alle prese con questa lunga e difficile protesta: impiegati nell’azienda anche da 16 anni, sono passati dalle cooperative per poi approdare alle agenzie interinali. 

Dopo una serie di accadimenti, nonostante gli stessi avessero maturato il diritto alla stabilizzazione e soprattutto alla luce del finanziamento regionale di 10 milioni di euro per l’assunzione di 25 operai, sono rimasti al palo, senza lavoro e senza più alcuna garanzia per il futuro. I lavoratori sono passati dalle cooperative per poi approdare alle agenzie interinali, nonostante avessero maturato il diritto alla stabilizzazione e un finanziamento regionale di 10 milioni di euro per l’assunzione di 25 operai, sono rimasti senza lavoro. 

Scopo dell’iniziativa è dunque quello di ottenere l’attenzione di Porsche che dopo una serie di tentativi di concertazione, solo poco tempo fa ha anche disertato i tavoli tecnici regionali. Agli operai sono arrivate da più parti manifestazioni di solidarietà, come dal Comitato No Tap e da vari esponenti della politica locale e regionale. Antonio Trevisi, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, a riguardo ha dichiarato: “Chiediamo alla Regione di intervenire al più presto per tutelare questi lavoratori. Abbiamo già depositato una richiesta di audizione dell’assessore allo Sviluppo Economico, Loredana Capone: vogliamo vederci chiaro e chiedere conto di quello che sta accadendo soprattutto dopo che gli stessi vertici dell’azienda Porsche, hanno preferito nei giorni scorsi disertare un vertice con la Regione dimostrando un atteggiamento irresponsabile verso questi ex dipendenti. Non si possono lasciare a casa lavoratori dopo 15/20 anni di lavoro precario. Il problema nasce -conclude Trevisi- perché, per i precari, il rapporto di lavoro prosegue mediante il susseguirsi di illegittime ed innumerevoli proroghe, le quali prevedono sempre il medesimo trattamento economico iniziale.”