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Rizieri Rizzo, un alpino venuto dal Sud

Belpaese ripercorre la storia dell’alpino magliese Rizieri Rizzo, recentemente scomparso e protagonista di eroiche imprese con il battaglione “Piemonte” nel corso della guerra di liberazione 
 
Se ne è andato anche Rizieri Rizzo. Chi lo ha conosciuto, negli ultimi anni, lo ricorda per la sua mitezza, per la sua saggezza dettata da quella vetusta canizie e da quella squisitissima ed antica gentilezza che ne faceva un punto di riferimento per tutta la sua comunità. Ho avuto la fortuna di conoscerlo nella Confraternita della Madonna delle Grazie, della quale era il decano e nella quale fino agli ultimi giorni ha speso l’ultima parte di una vita generosa dedicata alla sua famiglia ed alla sua comunità.
Ma vorrei ricordare Rizieri Rizzo per quella penna nera che svettava nelle commemorazioni civili, per la sua appartenenza alla locale Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, e le rarissime occasioni nelle quali si apriva a conoscenti e familiari sui suoi trascorsi militari. Cosa veramente strana un alpino proveniente dal Salento, strana come se si sentisse di un marinaio valdostano. Un alpino salentino, partito militare il 27 maggio 1943, rispondendo ad una delle ultime chiamate alle armi prima che le distruzioni della guerra coinvolgessero non soltanto l’onore dell’Esercito, già provato dalle sconfitte militari, ma l’intera dignità della Nazione, coinvolta nel disastro dell’8 settembre. 
 
 
Settembre 1943: si ricostituisce il Battaglione Alpini “Piemonte” 
 
Chiamato ad Alessandria ed a Bolzano presso il comando Truppe Alpine nella caserma “Vittorio Veneto”, come troppi soldati italiani si trovò a confrontare la propria vita col fatidico e luttuoso giorno dell’8 settembre 1943, tra la furia dei tedeschi traditi, che consideravano gli ex alleati italiani alla stregua di nemici da internare e da sfruttare come lavoratori nei lager, e l’incognita del comportamento degli ex nemici angloamericani, che stavano risalendo la Penisola da Sud. L’istinto lo portò a percorrere l’intera Italia per tornare a casa, nel suo Salento, ma la chiamata del dovere non era finita allora. 
Per iniziativa di una splendida figura di militare e di soldato, il mesagnese Giovanni Messe, si stava ricostruendo al Sud l’Esercito del Regno d’Italia, in un anelito di riscatto dall’essere considerati “Badogliotruppen”, militari di uno Stato inesistente e dipendenti da un altro Esercito, esattamente come stava avvenendo a Nord con l’Esercito della Repubblica Sociale. I due eserciti italiani, figli della stessa Patria che mai incrociarono le armi pur combattendo in fazioni contrapposte costituirono uno dei pochi ma luminosissimi esempi di fraternità nella ferocissima Guerra Civile che insanguinò l’Italia ben oltre il 25 aprile 1945, con i noti funesti strascichi ai quali quei soldati del Regno del Sud che si rifiutarono di spargere sangue fraterno sottrassero la dignità della Patria. 
Proprio dalle caserme salentine, dalla “Casa del Fascio” di Lecce, prima sede istituzionale del neo insediato Governo Badoglio, dalle ville patrizie di Maglie e dai palazzi di Brindisi e Lecce dove alloggiava il Re fuggito da Roma, i giovani salentini furono chiamati a servire in armi, per un’altra volta, l’Italia. 
E tra questi l’alpino Rizieri Rizzo, inquadrato nel neo costituito Battaglione Alpini “Piemonte”, composto dagli alpini della “Taurinense”, del battaglione “Fenestrelle” e dal battaglione “Monte Nero”, da Nardò partì  il 1° gennaio 1944 a ripercorrere al contrario l’Italia sotto il comando del generale Umberto Utili. Dal 25 maggio al 24 settembre il Corpo Italiano di Liberazione costituirà il nucleo del rinato Regio Esercito, posto  alle dirette dipendenze della 5° armata statunitense del generale Mark Wayne Clark. A partire dal 25 settembre 1944 fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, a seguito dello smembramento del CIL, il battaglione alpino “Taurinense” entrerà a far parte del Gruppo Combattimento “Legnano” e proseguirà fino a Bologna il suo cammino lungo l’Adriatico nello sfondamento della linea Gustav.
 
 
Febbraio 1944: infuria la guerra contro i tedeschi
 
Rizieri Rizzo parteciperà, dal febbraio al marzo del 1944, alla battaglia di Monte Marrone, durante la quale agli alpini italiani venne assegnato il difficile compito di scalzare i tedeschi dal territorio impervio della Valle del Sangro tra i monti Meta, le alture di Mainarde, ed i monti Mattone e Marrone. Ove americani e francesi delle armate marocchine non riuscirono, avendo considerevoli perdite in uomini ed armi, riuscirono gli alpini italiani, che accanto ai polacchi del generale Anders della divisione Crassowa inquadrata nell’8 armata britannica, riuscirono la notte del 31 marzo a scalare in silenzio la vetta del Monte Marrone e a giungere, divisi in due colonne, sulla vetta del monte, sottraendola ai tedeschi che avevano abbandonate le posizioni, incalzati dal fuoco d’interdizione dell’11° artiglieria italiano. Furono proprio gli alpini di Rizieri Rizzo ad aprire la strada per Montecassino agli alleati, tenendo il Monte Marrone fino al giugno 1944, fino a quando la zona divenne teatro di un singolarissimo episodio, dal momento che quello doveva essere lo scenario di un documentario di propaganda americano di “finto verismo”, uno dei famosi combat film ai quali verrà sacrificato l’antico abitato di Castelnuovo, fatto sgombrare dagli alleati in fretta e furia da Alpini e popolazione, e completamente raso al suolo dalle artiglierie, per esigenze di “scena”.
Da Monte Marrone Rizieri Rizzo con gli alpini del battaglione “Piemonte” entrerà prima a Iesi e poi a Bologna, dove concluderà la guerra, congedandosi nel 1946, decorato con Croce al Merito di Guerra per i due anni di campagna militare. 
La scure del tempo ci priva così non solo di una persona straordinaria, ma anche di un soldato esemplare, la cui sacrificata gioventù ha permesso di accelerare i tempi della storia verso la conclusione della più tragica guerra di sempre che coinvolse il già martoriato suolo italiano.
 
Vincenzo Scarpello