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Poeti metropolitani

Un po’ di vernice, un pennello e tanta voglia di comunicare: così nasce la Poesia d’Assalto, che per Davide e Guido diventa uno strumento per vivere la città

 

A Lecce anche i muri parlano. E lo fanno in mille modi. Uno fra questi è il pennello di Davide, 21 anni, che dal 2010 porta avanti il movimento poetico della Poesia d’Assalto (www.assaltopoesia.tk). La sua attività conta diversi tipi di performance, dai manifesti sui muri, alle poesie scritte utilizzando le saracinesche come pagina di diario, fino al sogno del “verso più lungo del mondo”. Insieme a Guido, ci ha rappresentato a maggio al 2° Festival nazionale della Poesia di Strada a Genova. 

Davide, cos’è la poesia di strada?

La poesia di strada come la intendo io effettivamente, è qualcosa di molto semplice: è prendere un pennello, prendere della vernice e scrivere in stampatello un testo intero su un muro o una saracinesca, un testo che in poche parole cerca di racchiudere un significato, un  valore un po’ più grande. È Poesia d’Assalto. Una poesia che non è più gentile, perché ti obbliga a fermarti e leggerla.

Le poesie sono tue?

I testi sono miei, (se sono citazioni c’è il doppio nome) ho cambiato i temi più che scegliere di inserire testi altrui. Lo scopo era proprio quello, rendermi pubblico tra le strade. Trovare nella strada un luogo dove condividere idee e valori, dove riuscire a rapportarsi con la propria città. 

Che feedback hai avuto dalla città? 

Durante la Notte Bianca, con Guido, abbiamo attaccato una serie di manifesti che andavano da Porta Napoli al Duomo, poco prima che iniziasse la grande nottata. In quel momento ci siamo resi conto che le persone che si fermavano, lo facevano per incitarci a continuare, per leggere il testo, chiederti se è tuo e parlare con te. È appunto la condivisione collettiva che cerchiamo. 

Cos’è il “verso più lungo del mondo”?

Si tratta di mettersi all’inizio di un punto di strada e scrivere una poesia col gesso per terra, che vive di ciò che incontra. Quindi una poesia che parla del momento. Ed è una poesia molto faticosa, perché ti costringe a piegarti a terra, ti costringe a sbucciarti le ginocchia, camminare attaccato sempre al suolo, senza perdere mai il filo del discorso. E una volta arrivato alla fine, alzarsi in piedi e trovar la soddisfazione di aver sofferto, per realizzare qualcosa che volevo fare.

 

Valentina Zammarano