Cerca

Pertusillo, la terra dei petroli

Lo scandalo che ha visto coinvolta l’ex ministra Guidi ha risvegliato l’attenzione sull’inchiesta, risalente a un anno fa, per disastro ambientale sul lago Pertusillo, da cui l’Acquedotto Pugliese preleva l’acqua che arriva nelle nostre case 

 

Sul dibattito pro o contro trivelle in vista del referendum del 17 aprile si è abbattuto nei giorni scorsi il ciclone delle indagini sull’impianto di estrazione petrolifera Total di Tempa Rossa, nell’alta valle del Sauro, cuore pulsante della Basilicata. 

L’inchiesta della Procura di Potenza ha travolto anche il governo Renzi con la ministra dello Sviluppo economico, Federica Guidi, costretta alle dimissioni dopo le intercettazioni telefoniche che la vedevano protagonista nel rassicurare il compagno, Gianluca Gemelli, a proposito dell’emendamento, saltato prima nel decreto “Sblocca Italia” e finito poi, in piena notte, all’interno della cosiddetta “Legge di Stabilità”, con cui venivano assimilate alle opere ‘strategiche’ quelle “necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali”, vale a dire proprio la sfera d’interesse imprenditoriale di Gemelli. 

Il procedimento giudiziario muove, però, su tre direttrici diverse: l’affaire Total, la costruzione del porto di Augusta e quella principale, da cui tutto è partito, vale a dire l’indagine affidata ai carabinieri del Noe relativa all’impianto Eni di Viggiano a proposito del quale l’accusa mossa è di presunti illeciti nella gestione dei rifiuti. In particolare l’attenzione degli investigatori si è rivolta sullo sforamento dei limiti delle emissioni da parte dell’azienda, taroccando i dati sull’inquinamento delle stesse e smaltendo come non pericolosi rifiuti che erano nocivi, finiti nelle acque del fiume Basento e in quelle del lago Pertusillo (nella foto), un invaso artificiale di importanza strategica che fornisce milioni di cittadini in Puglia e Basilicata attraverso le condotte dell’Acquedotto. 

L’inchiesta della Procura di Potenza si va allargando con il passare dei giorni, l’emergere di nuove intercettazioni e gli approfondimenti del nucleo del Noe dei Carabinieri che sta vagliando le cartelle cliniche acquisite negli ospedali lucani per stabilire le patologie presenti sul territorio della Val d’Agri, in particolar modo quelle legate ai tumori.

Un’indagine che anche in Puglia, e in particolar modo da noi in Salento, deve essere seguita con particolare attenzione dal momento che l’acquedotto lucano, realizzato nel corso degli anni Settanta, alimenta la parte centro-meridionale della nostra Regione distribuendo l’acqua proveniente dagli invasi del Pertusillo e del Sinni, potabilizzati negli omonimi impianti.

 

L’allarme lanciato un anno fa dall’Università della Basilicata

 

La richiesta alla Regione Puglia di monitorare con più continuità e maggiore scrupolo le acque del Pertusillo, di cui il nostro Acquedotto si fornisce in maniera abbondante per servire acqua potabile alle famiglie pugliesi, in questi anni è giunta da più parti, non solo da diversi partiti e movimenti politici. In un’intervista rilasciata proprio a Belpaese del 7 marzo 2015, la professoressa Albina Colella, docente di Geologia presso l’Università della Basilicata aveva sollevato una questione non da poco sull’inquinamento delle acque del Pertusillo. Un contesto su cui avevano acceso i fari diverse inchieste televisive, a partire dal 2010 quando era stata filmata la moria di centinaia di carpe presenti nell’invaso potentino, a causa molto probabilmente degli sversamenti in acqua di sostanze tossiche derivanti dall’impianto Eni di Viggiano, il più grande d’Europa e il più produttivo di Italia. 

E i numeri prospettati dalla professoressa Colella erano, già all’epoca, a dir poco allarmanti, soprattutto se si considera che l’Acquedotto Pugliese usa circa il 65% di quelle acque del Pertusillo a scopo potabile, a fronte del 2% utilizzato dalla Basilicata per l’irrigazione dei campi.

“Dalle analisi cliniche sia delle acque che dei sedimenti -sottolineava la professoressa Colella- è emersa un’alta concentrazione di idrocarburi: nell’acqua pari a circa 5.600 mg per litro superando il limite di precauzione di soli 10 mg, mentre nel 60% dei campioni di sedimenti sono stati rilevati 559 mg per kg a differenza dei 60 mg previsti dal limite. Inoltre il potabilizzatore di Missanello non è adatto ad individuare gli idrocarburi. Il problema può essere causato da incidenti o sversamenti non autorizzati di materiale legato all’attività petrolifera. È dunque doveroso lanciare l’allarme”. Un allarme che è rimasto imbalsamato per mesi sui tavoli della politica e su cui, invece, la Magistratura sta ora provando a vederci chiaro. 

 

Inascoltati gli appelli di CoR e 5 Stelle in Consiglio regionale 

 

Che la situazione non fosse del tutto limpida era evidente da diverso tempo anche in Puglia, tant’è che sia il gruppo in Consiglio regionale dei Conservatori e Riformisti, sia quello del Movimento 5 Stelle a febbraio di quest’anno avevano chiesto delle delucidazioni in merito alla possibile presenza di idrocarburi e metalli nel bacino del Pertusillo. Un quesito già sollevato durata la legislatura di Vendola e rimasto, a detta del gruppo di CoR, inascoltato. 

Più duro l’affondo del consigliere regionale pentastellato Mario Conca secondo cui la situazione del Pertusillo si sia aggravata nel corso degli anni con “acque eutrofizzate, microcistine e pesci morti, trialometani che si sviluppano dal contatto del cloro, immesso sempre in quantità maggiore per sopperire all’inquinamento degli invasi”. La richiesta di un Consiglio regionale monotematico sulla vicenda, però, è rimasto sinora inascoltato, quando l’attualità dei fatti richiede invece una certa urgenza. 

 

Alessio Quarta