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Pagliaro: “La Regione Salento, un’occasione unica per il nostro territorio”

Continua il dibattito intorno al progetto della Regione Salento. Mentre l’Università del Salento è al lavoro per valutare costi e benefici, l’editore televisivo Paolo Pagliaro continua, con molti alleati (ma anche molti nemici), la “sua” battaglia per la vittoria dell’identità salentina
 
“È un guerriero che, anche ferito, si rialza e riprende a combattere”. Così, i suoi più stretti collaboratori, parlano del loro ‘capo’, Paolo Pagliaro, editore e presidente del Gruppo Mixer Media. Superata la boa dei cinquant’anni si gode la famiglia, il nipotino Jacopo e sfodera la sua vis da passionario per l’ennesima battaglia, quella per la Regione Salento, che lancia attraverso i suoi mezzi di comunicazione. Un progetto che finora ha trovato autorevoli consensi, ma altrettanto autorevoli dissensi. Come è tipico del suo tratto caratteriale viaggia con il piede sull’acceleratore e non molla su quella che ritiene una vera e propria missione. 
Pagliaro, con la radio prima, ma principalmente con Telerama lei ha raccontato il nostro territorio. Partendo da questo osservatorio cosa l’ha convinto a sposare le ragioni della Regione Salento?
È una conclusione ovvia, oserei dire, per chi conosce il territorio. La Regione Salento esiste già in termini identitari. Su questo ritengo non ci siano dubbi da parte di nessuno. Non a caso Lecce, Brindisi e Taranto hanno cominciato a ragionare in termini di Grande Salento, un’idea che abbiamo immediatamente accolto positivamente perché era evidente che il territorio poteva trarne solo benefici.
Lo “spezzatino” del territorio è un refrain caro a Bossi.
Dopo la mia presa di posizione ho ricevuto accuse e critiche di vario genere, compresa quella che la nostra sia una posizione da assimilare al leghismo: non c’entra nulla, vorrei che fosse chiaro.
Se non è un “leghismo” del Meridione, come possiamo definirlo?
Gestione del territorio. Sono orgogliosamente italiano, canto l’inno di Mameli con la mano sul cuore, non voglio una separazione del Salento dall’Italia. Qui si tratta di ragionevolezza. La Puglia, per caratteristica geografica, presenta una netta demarcazione o meglio una divisione virtuale, tra le provincie del Grande Salento e quelle di Bari e Foggia. Non solo. Bari, capoluogo di Regione, ha intercettato e intercetta la gran parte delle risorse che arrivano dallo Stato e dalla Comunità europea. 
Perché una Regione Salento dovrebbe avere maggiori possibilità di intercettare fondi?
Per il semplice fatto che avremmo, finalmente, un rapporto diretto con lo Stato e con la Comunità europea. Se nel 1946 i padri della Costituzione avessero riconosciuto la Regione Salento, il nostro territorio ne avrebbe avuto dei vantaggi.
Li avrebbe avuti?
Indubbiamente. Non avremmo aspettato decenni per il raddoppio del binario Lecce-Bari e per la superstrada Lecce-Brindisi. L’autostrada non si sarebbe fermata a Bari, per non parlare delle carenze aeroportuali e del traffico marittimo oggi risucchiato principalmente nel capoluogo di regione. Perché? Ci hanno tagliati fuori, ma è del tutto evidente che non avrebbero potuto tagliare i collegamenti a una regione. 
È necessaria una nuova regione per risolvere i problemi di un territorio? Non sarebbe sufficiente che i nostri amministratori battessero i pugni sui tavoli giusti? 
Sicuramente l’impegno politico-istituzionale è fondamentale, ma passa anche dalla gestione più razionale del territorio. La beffa che abbiamo subito è ab origine. Molti sanno che nel 1946 Codacci Pisanelli si è battuto perché fossimo la ventunesima regione d’Italia, pochi sanno che la discussione, interrotta per la pausa pranzo, non fu più ripresa su quest’argomento. Faccio una piccola riflessione: nel 2006 i tre presidenti delle province di Lecce, Brindisi e Taranto, hanno avviato il progetto del Grande Salento eppure questo non ha portato vantaggi sotto il profilo dell’intercettazione dei fondi. Tre Province insieme non hanno modificato granché, questo vuol dire che solo il collegamento diretto con le istituzioni centrali può garantire un’equa distribuzione. 
L’accusa che vi viene mossa riguarda lo spreco conseguente la moltiplicazione di enti e poltrone.
Su questo punto risponderà l’Università del Salento. Il professore Stefano Adamo, preside della facoltà di Economia, è già al lavoro per uno studio su costi e convenienze. Sento di poter tranquillamente affermare che i risultati fanno pendere il piatto della bilancia a favore della Regione Salento. 
Come è possibile diminuire i costi se, inevitabilmente, bisognerà duplicare funzioni e ruoli?
La Regione Salento nasce in un momento storico in cui il rigore e il contenimento della spesa corrente non sono dati su cui giocare. La possiamo costruire sulla base delle nostre esigenze, eliminando sprechi e inutili privilegi. Avete idea di quanto ci costino le trasferte nel barese dei nostri consiglieri? E vogliamo quantificare il costo delle auto blu? Chissà perché quando si tocca il tasto dei privilegi la classe politica, in modo trasversale, si arrocca in difesa. Comunque l’aumento dei costi è un falso problema, agitato da chi non vuole che nulla sia cambiato. I consiglieri sono 31 e il loro numero non subirà variazioni. E allora? Risparmieremo sulle trasferte. O non va bene? 
Chi è disposto a seguirla?
Al momento abbiamo certezza che 120 sindaci sono favorevoli al referendum. Questo è un altro passaggio cruciale: nessuno deve imporre nulla, ma è la gente che deve decidere per il suo presente e per il futuro delle prossime generazioni. Se cominciamo a riflettere che per il quinquennio 2007/2013 i fondi a disposizione della regione Puglia sono stati investiti per il 70% a Bari e per il 30% nelle restanti province. Nei trasporti su 1,4 miliardi, 900 milioni sono stati spesi a Bari. Per non tralasciare il capitolo cultura: il 60% dei finanziamenti regionali è andato a Bari, le altre province si sono dovute accontentare e dividere il restante 40%. Questi dati parlano chiaro: la strada della Regione Salento è l’unica possibile. Fino ad oggi è un progetto strozzato sul nascere, ma se noi salentini ci metteremo il cuore niente potrà fermarci.  
Regione Salento suona come un brand di sicuro appeal.
Certo, un’idea suggestiva, ma qui stiamo parlando d’altro. L’immagine è un sovrappiù che non guasta, ma qui stiamo parlando del futuro dei nostri figli, della possibilità di farli restare nella nostra terra, dello sviluppo di un territorio rivalutando le sue ricchezza, comprese quelle identitarie. 
 
Maddalena Mongiò