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Nubi all’orizzonte anche per i dipendenti Unieuro

L’elettronica non tira più come una volta, ed a farne le spese sono i lavoratori di uno dei principali canali di distribuzione del settore. Unieuro ha già cessato 40 store ed a rischio-chiusura ci sono anche quelli di Nardò e Cavallino

 

Crisi delle vendite, con conseguente riduzione dei margini di ricavo, ed una spietata concorrenza di altre catene di distribuzione “low cost”, negli ultimi tempi hanno messo in ginocchio persino un colosso del mercato dell’elettronica quale l’Unieuro – Pc City. Nel 2008 il marchio ha ridotto considerevolmente l’elenco dei suoi punti vendita dislocati in Italia. E circa 40 store, che producevano il 19% degli incassi annuali del gruppo, oggi non ci sono più. Da quando il direttore generale Mario Maiocchi ha preso il suo posto nella cabina di comando dell’azienda, i rami secchi sono venuti giù come le foglie che cadono d’inverno, giù come le vendite, tra l’altro, che nel 2007 hanno fatturato poco meno di un miliardo di euro (l’11% in meno rispetto all’esercizio precedente).
E così quello che un tempo era il terzo gruppo in Italia della distribuzione, oggi sconta direttamente crisi e congiuntura. Ma più di tutti, la contingenza fa male ai dipendenti. A quelli del Sud, per la precisione, perché la politica di rilancio aziendale, annunciata dalla Unieuro negli ultimi mesi darà gioie e sollievo soprattutto al Nord. È qui infatti che in maggioranza sono state avviate le procedure per nuove aperture di punti vendita, anticipando una discriminazione territoriale che per certi versi oggi è ripresa dalla stessa Carrefour.
L’elettronica del resto non tira più come una volta, almeno sotto il profilo degli utili. Nell’ultimo lustro c’è stato un calo generalizzato dei prezzi dei listini tra il 40 ed il 70%, dovuto anche alla “resa” della telefonia (in calo del 10%) e della climatizzazione (settore nel quale il volume degli affari si è praticamente dimezzato). E tutto ciò, se rappresenta la media nazionale, ovviamente si ingrandisce sotto la lente della crisi che sconta il mezzogiorno d’Italia.
Non è un caso, quindi, se nell’elenco dei punti vendita a rischio figurino soprattutto quelli ubicati al Sud, con Nardò, Cavallino, Bari, Molfetta e Brindisi inseriti nella ‘top five’ di una lista di quattordici strutture destinate alla chiusura. Non più tardi di qualche mese fa i lavoratori hanno incontrato la direzione aziendale, per fare il punto della situazione e per verificare il “programma chiusura” stilato da Unieuro. Tra maggio 2008 e gennaio 2009 le saracinesche sono state definitivamente abbassate 29 volte, lasciando fuori 417 dipendenti. Tra questi solo il 72% è rientrato in servizio grazie a ricollocamenti, trasferimenti, mobilità e cessioni di rami d’azienda; il resto attende di timbrare il proprio cartellino. Per gli altri 14 punti vendita della lista nera che ancora mancano all’appello, l’estate 2009 sarà quella della resa dei conti. Impiegano in tutto 204 persone che attendono, naturalmente, segnali positivi.
Intanto ai vertici di Unieuro non si rimane certo con le mani in mano. E si sperimentano nuove procedure organizzativo-gestionali per rilanciare il marchio e di riflesso per salvaguardare i posti di lavoro. L’azienda infatti ha avviato un progetto che misura le condizioni di gestione e di organizzazione dei singoli punti vendita, coinvolgendo nell’operazione circa 30 negozi. Pare che per i primi risultati positivi che si stanno registrando, l’operazione verrà ora estesa in modo graduale su tutta le rete di vendita. Tale progetto rileva attraverso una serie di indici approvvigionamenti, vendite, e gestione degli stock e prevede una formazione specifica per l’analisi del mercato e, quindi, delle esigenze del consumatore finale.

 

Daniele Greco