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Maria Luisa Toto: “Quest’estate quattro richieste di aiuto al giorno, anche da parte di minorenni”

Sono drammatici i dati che illustrano minacce e violenze subite da donne adulte e ragazze in provincia di Lecce. E su Noemi nessun dubbio: “Se intorno a lei ci fosse stata più solidarietà, forse avremmo salvato una vita”

 

La questione della violenza sulle donne assume proporzioni sempre più raccapriccianti e le contromosse fin qui adottate non sembrano ancora sufficienti a scardinare il problema. Ne abbiamo parlato con la presidentessa della Onlus “Donne Insieme” che gestisce il Centro “Renata Fonte”, Maria Luisa Toto (al centro nella foto, insieme al suo staff), da quasi 19 anni uno dei fari preziosi che fanno luce su questa tematica. 

Dottoressa Toto, partendo dal caso specifico di Noemi c’è qualcosa che non ha funzionato nella rete istituzionale che avrebbe dovuto proteggere la ragazza?

Per correttezza non entro nel merito, non conoscendo personalmente la questione. Posso parlare per sommi capi: qui ci troviamo di fronte a una situazione di violenza, di maltrattamento che riguarda una minore. Non possiamo dire che nessuno fosse stato interessato in quanto la madre, in nome e per conto della figlia minorenne, ha captato i segnali che arrivavano a chiare lettere dalla ragazza e ha fatto quello che era giusto fare, ossia rivolgersi ad un’autorità giudiziaria. La ragazza è stata barbaramente uccisa; siamo in grado, tutti noi, istituzioni, servizi, di fare un’attenta valutazione del rischio? Per questo nei giorni scorsi ho parlato di ignoranza e indifferenza delle istituzioni e dei servizi. Noemi è morta perché nessuno è riuscito a fare un’adeguata valutazione del rischio nonostante la madre avesse portato fuori da quella famiglia l’orrore, il dolore e la sofferenza che la figlia minorenne stava vivendo. Perché il sacrificio di questa ragazza non sia vano ognuno di noi faccia un mea culpa. Ogni volta che una donna sporge una denuncia, cosa alquanto dolorosa, si faccia un’attenta valutazione del rischio e immediatamente si pongano gli interventi dovuti perché le donne vanno salvate, vanno tutelate perché questo è un obbligo in un paese democratico. 

Cosa è avvenuto nel caso di Noemi? 

La morte di Noemi è l’epilogo di una serie di violenze, maltrattamenti, atti, persecuzioni reiterati. Attenzione, qui non siamo di fronte a nessun raptus: i tre Tso al suo fidanzato avrebbe dovuto mettere in allarme quella piccola comunità alla luce anche delle denunce ai Carabinieri da parte della madre, non oggi usarle come arma dell’incapacità di intendere e di volere. Se si fosse intervenuti in tempo debito forse questa ragazza l’avremmo potuta salvare. Le donne vengono ammazzate quando sono lasciate sole, quando intorno a loro non c’è una rete solida di servizi, che mette al centro la vittima e tutto intorno alza una forte protezione. Il violento così troverebbe un muro di gomma contro cui non può fare nulla, cosa che invece non è successo nel caso di Noemi.

Qual è la situazione a Lecce e provincia? 

I dati sono allucinanti. Quest’estate abbiamo avuto minimo quattro richieste di aiuto al giorno. Non so se devo essere terrorizzata o felice. La realtà è quella e quindi sta venendo fuori, c’è questa volontà delle donne di venirne fuori e di farsi aiutare. I casi sono aumentati, c’è un picco esponenziale dall’inverno scorso ad oggi. Noi non siamo andati in vacanza, abbiamo lavorato tutta l’estate, però almeno le ragazze e le donne cominciano a parlare e a chiedere aiuto.

L’età media delle vostre utenti è di 41 anni, quindi spesso sono giovanissime che si rivolgono al Centro “Renata Fonte”.

Sì sì, sono giovanissime. Abbiamo tante ragazze prese in carico e ci sono anche delle minori perché dietro alle minori prese in carico ci sono le madri, parlo di adolescenti emancipate di 16-17 anni.

Lei spesso nel corso degli anni ha parlato di un clima di omertà nel nostro territorio. È un velo che si sta squarciando lentamente?

Continuo a denunciare l’omertà, l’indifferenza, l’ipocrisia, l’ignoranza del nostro territorio, ma a questo aggiungo che da parte delle donne c’è più consapevolezza, meno voglia di chiudersi in silenzio e lo si evince da quella crescita esponenziale di richiesta di aiuto che noi riceviamo ogni giorno. Intorno alle donne c’è ancora tanta omertà e assenza di solidarietà. Se intorno a Noemi ci fosse stata più solidarietà forse avremmo salvato una vita perché la solidarietà altro non è che senso della legalità e rispetto della dignità umana. 

Quali sono le possibili soluzioni che come Centro antiviolenza promuovete?

Come re-azione a questo orrore, appena abbiamo saputo la notizia della morte di Noemi abbiamo schiacciato il piede sull’acceleratore attivando i Presìdi di legalità nelle scuole. Il Centro esce fuori dai suoi luoghi, crea spazi all’interno di istituti scolastici. Il presidio offrirà servizi, attraverso le avvocatesse, le psicologhe, le assistenti sociali, le educatrici, alla comunità tutta. Ci rivolgeremo agli studenti, ai docenti, ai genitori, quindi così coinvolgiamo l’intera comunità. Dai primi di ottobre saranno inaugurati i primi Presìdi sul nostro territorio. Bisogna togliersi subito le bende dagli occhi, sporcarsi le mani, il che significa avere la forza e il coraggio di agire, non bisogna restare inermi. 

Creare una rete tra enti e istituzioni, dunque.

Esatto. Bisogna creare questa fitta rete di collaborazione tra Centri antiviolenza, servizi sociali, Forze dell’ordine, Magistratura perché così salviamo le vite delle donne. Ci stanno ammazzando come mosche: io voglio il mio sacrosanto ‘diritto alla non paura’, lo esigo e lo voglio esercitare e chi sbaglia deve pagare. Basta associare l’uomo violento all’uomo patologico. Bisogna informare, sensibilizzare. Ci vuole serietà perché su questo territorio manca assai. Solo affrontando il problema con estrema e rigorosa serietà si salvano le vite delle donne e delle ragazze. Ora tutto quello che viene detto, gli spot, i silenzi, gli applausi è troppo tardi, vanno fatti prima. Questa è ipocrisia, è rivittimizzazione.

 

Alessio Quarta