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Mala movida

Bilancio positivo quest’estate per l’affluenza dei turisti  in città, attratti anche dalla vivace vita notturna. Ma i residenti nel centro storico denunciano: “Situazione invivibile per i rumori, ci sentiamo abbandonati” 

 

Arriva settembre e, poco a poco, il flusso turistico estivo che aveva travolto la città comincia a riassorbirsi. Quello stesso turismo che ha costituito una boccata d’aria fresca per l’economia della città, ma che si scontra con gli interessi privati dei residenti del centro storico, soprattutto quelli che, rimasti in città, hanno dovuto fare i conti con l’accentuato problema dei rumori notturni. Lo testimonia il breve video di circa un minuto caricato sulla pagina del blog Leccentro (leccentro.wordpress.com) in data 8 settembre: la camera è fissa sul muro e i suoi graffiti, ma i veri protagonisti sono la musica ripetitiva e le voci che provengono dalla strada. 

Dal 3 maggio scorso, data in cui si è costituito il Comitato dei residenti che ha poi presentato istanza al Comune, diverse sono state le misure presentate (in particolar modo dall’Assessorato all’ambiente guidato da Andrea Guido) per cercare di arginare il fenomeno della movida incontrollata. Dal problema dei bagni chimici, a quello della sporcizia lasciata in giro dalla folla, dal potenziamento dei controlli delle forze dell’ordine sui locali, fino alle proposte per il nuovo regolamento della movida, attualmente al vaglio negli uffici dell’assessore, destinato a porre un freno all’assenza “di regole certe e chiare, trasparenti e accessibili per tutti i cittadini”, come citato nello stesso blog. 

E difatti, se la pulizia delle strade quest’anno è migliorata (fatto questo confermato anche da un portavoce del Comitato) quello che resta irrisolto, quando non bellamente aggirato, pare essere il vero nodo della questione, ovvero la musica: “Dal 3 maggio la situazione dei rumori non è migliorata, anzi se vogliamo è pure peggiorata. In agosto siamo stati lasciati completamente soli. E non tutti hanno la possibilità di andare nelle ville. C’è chi deve viverci anche in agosto in centro a Lecce”. 

Insonorizzazione insufficiente dei locali, mancato rispetto della normativa nazionale che prevede porte e finestre rimangano chiuse, casse orientate verso l’esterno, oltre all’inadeguata presenza dei vigili urbani nelle ore notturne: questo lamentano i residenti, che richiedono con forza da questa primavera un tavolo tecnico capace di mettere insieme alle autorità, esercenti e cittadini. “Chiediamo con urgenza un tavolo tecnico che comprenda anche noi perché non ci sentiamo più rappresentati da Palazzo Carafa -incalza uno dei rappresentanti del Comitato-. Se poi ritengono che l’economia della città debba venire prima, e che questa debba essere un’economia che si basa sulla ‘mala movida’, va bene, che lo dicano. Ma allora accolgo il commento di un lettore del blog il quale ventilava l’ipotesi di diminuirci le tasse, gli affitti, e intervenire economicamente, così da motivarci di più ad essere tolleranti”. 

 

Vite da pub 

 

Clienti, esercenti e residenti non esauriscono gli i protagonisti del palcoscenico dalla movida. Dietro i banconi o al tavolino del pub, del ristorante, del locale del centro, un esercito di colletti bianchi o neri si occupa di oliare l’ingranaggio del divertimento garantendo un servizio rapido, sorriso fermo e tanto pazienza. Sono i camerieri: si tratta per lo più di studenti, giovani in attesa di terminare la propria carriera universitaria e che vogliono arrotondare per pagarsi qualche spesa. Ed è proprio questo dato a dettare la natura del mercato del lavoro leccese: molti giovani uguale molta offerta di lavoro, quindi un ricambio continuo di personale disposto a giocare al ribasso pur di arrabattare qualcosa, lavoratori spesso in nero a cui si somma la concorrenza di extracomunitari e immigrati. 

“La competitività fa il gioco dei proprietari -afferma Giulia, 27 anni, studentessa universitaria-. La persona ‘fedele’ diventa spesso quella che sa accettare condizioni di lavoro non necessariamente chiare, non necessariamente trasparenti. Che, non essendo messe nere su bianco, sono suscettibili di essere continuamente rinegoziate. Tutto sta all’onestà del singolo datore di lavoro”. Di cui il lavoratore subisce spesso paturnie e malumori, come è successo ad Anna, universitaria che di anni invece ne ha 24 e, avendo lavorato anche all’estero, può offrirci un prezioso confronto con la nostra realtà: “All’estero si è  più tutelati, vengono pagate le ore di lavoro realmente fatte. Inoltre sono disposti a dare molta più libertà e fiducia; a Lecce è diverso, non solo una giornata lavorativa può durare arbitrariamente 8 o 11 ore, ma in un posto mi sono trovata a fare i conti con la gelosie della compagna del proprietario, che mi ha reso il lavoro impossibile al punto che ho dovuto lasciare”.  

Ma i problemi non vengono solo dai gestori dei locali, a volte anche i clienti possono dimostrarsi particolarmente difficili, come sottolinea Andrea, 28 anni: “I clienti fanno il seguente ragionamento: dato che io pago mi comporto come voglio. Ma noi siamo comunque delle persone. Noi non ti rispettiamo solo perché è  il nostro lavoro. Io ti rispetto perché sono rispettoso di mio. E la stessa cosa deve venire anche da te, come cliente. Io sto lavorando per te, vengo pagato, ma sto lavorando anche per te.” 

 

Valentina Zammarano