Cerca

L’informazione non è un hobby

Dopo il licenziamento del cameraman di Canale 8 prosegue lo stato di agitazione degli operatori dell’informazione locale, a causa dei ritardi nei pagamenti e del precariato diffuso in un settore già in forte crisi per il crollo del mercato pubblicitario, oltre alle difficoltà nel riscuotere i crediti degli inserzionisti e nell’accesso a finanziamenti pubblici e privati. Oggi ancora di più vige il principio fondamentale che l’informazione è un bene comune e dunque va sostenuta in ogni modo 
 
È stato come affrontare una seduta dallo psicologo. Di gruppo e individuale. Quando Vincenzo Siciliano, l’ormai ex cameraman di Canale 8, ha scoperchiato il vaso di Pandora, per tutti i gli operatori dell’informazione salentini è arrivato il momento del racconto terapeutico e della presa di coscienza. Molto si è discusso, in questi giorni, di emittenza locale. È normale, è la “vetrina” della stampa e il caso scatenante viene dalla pancia delle antenne tv. Non ci sono solo i ritardi nella corresponsione degli stipendi. Ciò che è peggio è il ricorso a forme di precariato massiccio. Solo nelle redazioni di Telerama e Telenorba, infatti, tutti i collaboratori sono inquadrati con contratti nazionali di categoria e a tempo indeterminato, sebbene anche qui le difficoltà economiche legate al momento stiano rendendo necessario il ricorso agli ammortizzatori sociali, quanto meno per evitare i licenziamenti. “Invece, a Canale 8 -conferma il direttore Gaetano Gorgoni– solo un giornalista ha ottenuto un contratto Aeranti Corallo di categoria, mentre per tutti gli altri esistono collaborazioni esterne coordinate e continuative. Qualche mese fa, a scadenza, non ne sono state rinnovate tre, sostituite però da altrettante nuove leve”. 
Situazione poco dissimile da quella de L’Atv, “dove -spiega Mario Vecchio, direttore del tg- tra i collaboratori c’è solo un Aeranti Corallo e per gli altri si va avanti con collaborazioni a progetto”. Tipologie contrattuali, insomma, che danno veste formale di lavoro autonomo a ciò che nella sostanza è lavoro dipendente, inquadrato in turni giornalieri ben definiti, ma privo delle garanzie tipiche di un rapporto subordinato. 
Un modello mutuato e, spesso, portato alle estreme conseguenze nella carta stampata. Qui il confine è netto, più che marcato, tra chi, inquadrato da professionista, percepisce oltre 3mila euro al mese e chi si barcamena con pagamenti da 8-10 euro ad articolo (quando va bene 15 euro). È la condizione dei corrispondenti dai paesi e dalle città, in fondo l’ossatura di un quotidiano. 
E c’è un mondo, oltre questo, ad essere ancora più sfuggente, in espansione tumultuosa sì, ma ancora meno regolato, nonostante in concorrenza con i precedenti. È il web. Solo in rarissimi casi, quelli che hanno precorso i tempi, Lecceprima e Salentowebtv ad esempio, esistono delle redazioni che, per quanto di numero ridotto, sono comunque strutturate. Nella gran parte, si continua con collaborazioni che non fanno uno stipendio. E che vanno aiutate a crescere nella dignità della categoria. 
 
“Basta con il precariato”
 
“Oltre agli editori, a prendere atto della portata del movimento sono stati innanzitutto i giornalisti, i cameraman e tutti gli operatori dell’informazione. Per la prima volta, a Lecce, si è aperta una discussione ampia, articolata e pubblica sul sistema complessivo. Purtroppo si è partiti dal licenziamento di un collega,  ma negli ultimi mesi gli episodi sono stati tanti: contratti non rinnovati, stipendi pagati in ritardo, collaborazioni che si diradano, lavoro gratuito (che è un ossimoro)”. Queste le prime impressioni di Pierpaolo Lala, vice presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia e rappresentante di “Informazione precaria”, movimento di protesta nato su Facebook in seguito al licenziamento di Vincenzo Siciliano, cameraman di Canale 8. “Inoltre -ha aggiunto- gli editori mi sono sembrati disponibili ad avviare un confronto coi sindacati, che finora è mancato, assolutamente”. 
Avendo partecipato al tavolo delle trattative martedì sorso in Prefettura, Lala ha notato che è emersa una diversità di vedute tra sindacati e editori, “perché da che mondo e mondo gli interessi di lavoratori e datori di lavoro sono differenti. Il lavoratore pretende (anche in questo caso) di avere un contratto e che quel contratto sia rispettato con conseguente pagamento dello stipendio. Gli editori hanno rivendicato le difficoltà oggettive del periodo, sottolineando anche i ritardi dei pagamenti da parte degli enti pubblici e privati, giustificando così lo slittamento degli stipendi. La questione però è più articolata e va oltre la contingenza economica, che non si può negare. In molte realtà, locali e nazionali -ha continuato Lala- i contratti sono un optional e molta dell’informazione si basa sul lavoro precario o in nero. E sul volontariato”. 
Anche Massimo Melillo, rappresentante provinciale di Assostampa, è apparso fiducioso al termine dell’ennesimo “tavolo” della sua quarantennale carriera. “Penso sia andata bene, la pentola è stata scoperchiata, ma questo è solo il primo passo. Abbiamo detto al Prefetto che questa non è una situazione contingente, seppure aggravata dalla crisi che nessuno nega. Invito i lavoratori a non mollare, perché il compito di un sindacato è quello di far rispettare ogni singolo contratto, la dignità dei lavoratori, ed il giusto compenso. Ma anche quello di mantenere i rapporti con gli imprenditori e concorrere a salvaguardare le aziende, a patto che gli imprenditori non si trasformino in ‘prenditori’. Poi, ogni contratto prevede un compenso, farlo rispettare è problematico. Il nostro compito è compito è anche quello di arrivare a delle soluzioni soddisfacenti, senza passare per i tribunali”.