Cerca

Le frizioni e le frenate

In un’intervista esclusiva il segretario regionale del Pd, Sergio Blasi, sottolinea come, dopo un avvio burrascoso, i toni del confronto tra il suo partito e Nichi Vendola si siano abbassati. E invita ad aspettare di vedere all’opera la nuova Giunta, prima di emettere giudizi
 
Se le ruggini delle primarie sembravano superate nella campagna elettorale, la composizione della Giunta Vendola sembra aver dimostrato ampiamente che alcune scelte hanno avuto il loro peso. Dalle nomine degli assessori alla presidenza del Consiglio, la ‘contesa’ tra Nichi Vendola ed il Partito Democratico va avanti e conferma coi fatti la volontà del presidente di emanciparsi non tanto dal partito di maggioranza relativa del suo governo, ma da quell’area del partito che lo ha messo in discussione durante un anno intero. Si parte dalla vice presidenza di Sergio Blasi, sfumata in favore di Loredana Capone, che intanto si era ufficialmente avvicinata a Michele Emiliano, si continua con la nomina di una squadra di governo che dal Pd pesca generosamente in ogni corrente minoritaria, piazzando anche la Dentamaro che di fatto non risulta aderente ad alcuna area del partito, ma che dai bersaniani doc porta a casa solo Elena Gentile, riconfermata al Welfare. 
Infine, c’è la battaglia per la presidenza del Consiglio, quel ruolo che Vendola vorrebbe dare al socialista Onofrio Introna, piazzando un’altra pedina di Sinistra Ecologia e Libertà nell’assemblea regionale pugliese, e che il Pd vorrebbe invece per Antonio Maniglio. Secondo il presidente Vendola il patto con il Partito Democratico era chiaro fin dall’inizio: 6 assessori oppure 5 più la presidenza del Consiglio. Il segretario del partito pugliese Sergio Blasi, che da parte sua ha sempre escluso di essere personalmente interessato ad un ruolo in Giunta, sul Consiglio però non transige: “Non esiste alcun patto pre-elettorale di questo tipo e quel ruolo -spiega Blasi- spetta al Partito Democratico, come vuole la prassi”. Ed è già partita quindi la caccia al voto dei consiglieri nel caso in cui si arrivasse alle urne con due nomi. In quel caso, infatti, l’Udc potrebbe essere al fianco di Vendola e votare Introna, così come l’Idv, ma il centrodestra sarebbe pronto invece a schierarsi con il Pd votando Maniglio, visto che Rocco Palese lo aveva definito un nome di garanzia. 
Blasi, è soddisfatto della composizione della Giunta regionale del Vendola bis?
Il presidente Vendola ha esercitato le sue prerogative politiche, ha operato scelte di alto profilo e rispettato la regola della parità di genere applicando il ‘50 e 50’ nella sua giunta, una regola che è anche uno dei valori fondativi del Partito Democratico, possiamo quindi dirci soddisfatti.
La nomina del nuovo esecutivo di Nichi Vendola ha visto delle scelte piuttosto nette, sembra di vedere premiate quelle personalità che hanno sostenuto il presidente anche durante le primarie e quasi un tentativo di ridimensionare l’area del partito che fa capo a Bersani e che avrebbe voluto al suo posto Francesco Boccia.
Io dico che si tratta di assessori scelti nelle file del Partito Democratico, alcuni riconfermati altri alla loro prima esperienza, scelte che rappresentano in ogni caso una vittoria per il Pd pugliese. Sulle valutazioni operate dal presidente, sulle sue decisioni politiche non si danno giudizi; sarà solo quello che faranno i membri di questo esecutivo in questa legislatura a dire se la scelta è stata quella giusta. E solo allora sarà possibile dare un giudizio. 
Nelle scelte di Vendola qualcuno ha visto uno schiaffo al Partito Democratico, si è parlato quasi di “commissariamento” del partito da parte del Presidente. Lei ritiene che sia stato così?
Quella filtrata in vari passaggi di questa vicenda, all’interno del solito tritacarne mediatico-politico, mi sembra un’interpretazione volgare della vicenda politica pugliese. Il Partito Democratico è il principale partito del centrosinistra ed in Puglia ha dato un contributo fondamentale per scongiurare la vittoria del centrodestra e per confermare il governo di Nichi Vendola. Lo abbiamo fatto con lealtà e con passione.
Vale anche per Loredana Capone, al suo posto si è parlato a lungo di lei. Con i suoi 15mila voti poteva rivendicare quanto meno un assessorato.
Io sono il segretario del partito, devo restare al mio posto in questa fase politica delicatissima per la Puglia e per l’Italia, una fase in cui la politica deve tornare ad avere sopratutto un ruolo sociale. Per farlo credo occorra il maggiore impegno possibile.
Ruoli in Consiglio, c’è una discussione accesa sulla presidenza. Si parla di braccio di ferro.
C’è una discussione e tale rimane. È prassi consolidata che il partito di maggioranza relativa esprima questa funzione di garanzia per l’assemblea. Non si tratta di una mera rivendicazione politica, ho già dimostrato di saper andare molto oltre questi aspetti, si tratta semplicemente delle regole della politica.
Il Partito Democratico è compatto sul nome di Antonio Maniglio, Vendola invece vorrebbe Introna.
Sì, ma i nomi non c’entrano. Si tratta di riconoscere un ruolo politico ed una funzione di garanzia fondamentale. 
Come vanno le cose nel partito? 
Intanto abbiamo vinto le elezioni. Poi in Puglia come in Italia, dobbiamo smettere di parlare di noi e dentro di noi e cominciare a rimetterci al lavoro, occorre concentrarsi sul ruolo che questo partito intende avere nella società e nei suoi processi. C’è una cosa che non bisogna però scordare: oggi si riparte da una vittoria e non da una sconfitta. E di questa vittoria abbiamo tutti il merito ma anche la responsabilità. 
A proposito di responsabilità, cosa crede che vada migliorato dal punto di vista programmatico in questo Vendola bis rispetto al primo governo?
Non farò giri di parole, è chiaro che da vincere e questa volta per davvero, senza lasciar passare un minuto di più, c’è la pesante sfida della sanità. Un impegno che aveva preso il centrodestra senza mantenerlo e che noi abbiamo solo cominciato a mantenere nello scorso governo regionale ma che oggi deve dare frutti che i pugliesi possano cogliere. 
Di che cosa parliamo in particolare? 
Parliamo di piccole e grandi rivoluzioni, dalla centralizzazione degli acquisti cui già si lavora alla razionalizzazione delle convenzioni. Questo si sta già facendo. Ma parliamo anche di un’idea diversa della medicina che deve diventare di prossimità per esempio, che deve essere rafforzata provando a mettere in campo misure concrete. Gli ospedali come unici centri di cura sono una visione che appartiene ormai al passato. La prevenzione, la cura, la prossimità ed il territorio devono essere le parole chiave di una medicina più facile e vicina ai bisogni. 
Lei parla di programmi ma alcune riforme vanno fatte, si tratta anche di dare segnali politici che scaccino le vecchie ombre giudiziarie. 
Certo, una delle prime cose da fare è separare la programmazione dalla gestione, recidendo nettamente e senza alcun timore qualunque tipo di rapporto, anche solo di tolleranza, che si instauri tra malaffare e potere.
Cosa pensa di Tommaso Fiore? Il presidente Vendola l’ha riconfermato dandogli la possibilità di riprendere il lavoro iniziato dopo le dimissioni di Alberto Tedesco. Crede possa rappresentare questa fase decisiva di cambiamento?
Si tratta di un’ottima persona, una competenza di valore che io condivido molto.
Parliamo della Provincia di Lecce. Lei è consigliere d’opposizione a Palazzo dei Celestini dove governa il centrodestra e dove ultimamente è stato anche approvato un bilancio di previsione 2010 difficile per l’ente. Il predecessore di Gabellone, Giovanni Pellegrino, con cui lei non ha sempre avuto un rapporto semplice, ha parlato di “politica della lesina” e di mancanza di progetto. Lei come giudica questo primo anno di presidenza Gabellone?
La Provincia di Lecce è stata letteralmente spenta dalla squadra messa insieme da Antonio Gabellone. Il Salento non può più contare su quell’ente dinamico, direi anche brioso che è stato negli ultimi 15 anni e che ha cambiato radicalmente il volto di questa terra. Oggi più che mai, questa Provincia non regge in alcun modo il confronto con l’esperienza dei governi di centrosinistra che avevano sollecitato la nostra terra dal punto di vista produttivo, culturale, ambientale. Insomma, dal punto di vista strategico. Ora l’elettroencefalogramma è piatto.
È primavera inoltrata e a Melpignano si lavora alacremente alla Notte della Taranta. Oggi lo fa dalla fondazione e non più da sindaco del comune griko. Cosa si aspetta quest’anno da festival?
Risponderò con una battuta: come ogni anno mi aspetto che sia l’anno della svolta! Ludovico Einaudi, con il suo codice stilistico e la vena artistica farà fare una nuova ed esaltante “inversione ad U” rispetto al trascorso del festival. È la forza della Notte della Taranta: sparigliare. La tradizione si fa viva e vitale quante più interpretazioni riesce ad avere. Il 28 di agosto lascerà nuovamente il segno di come il territorio e la saggezza del suo popolo possa farsi ancora una volta orgoglio di una terra e produrre sviluppo. 
Quando è previsto che Einaudi si metta al lavoro? 
Tornerà nel Salento dal 17 al 20 maggio e inizierà a lavorare con l’orchestra, mettendo a fuoco il repertorio e facendo il suo programma.
 
Alessandra Lupo