di Stefano Manca
L’estate di quest’anno verrà ricordata anche per via di quella sorta di “rivoluzione studentesca” (virgolette obbligatorie e fissate con abbondante colla istantanea) che ha visto diversi maturandi italiani rifiutare di farsi interrogare dai docenti all’Esame di Stato. Per protesta, dicono i ragazzi, non abbiamo voluto sostenere l’esame orale alla maturità. Un ragazzo non si giudica dal voto, affermano più o meno. Non mi va di fare premesse tipo “Ai miei tempi…”, ecc. Incipit che significano solo una cosa: che siamo i soliti adulti-anziani che se la prendono coi giovani d’oggi. Un refrain che si incontra in ogni epoca e a ogni latitudine.
Torniamo alla maturità 2025: perché diversi studenti italiani non hanno sostenuto l’orale dell’esame di Stato, accontentandosi così di un voto finale appena sufficiente?
Maddalena, maturanda di Belluno, all’esame ha parlato eccome. Ma non delle materie oggetto del suo percorso scolastico. Dice: “Ho scelto di fare un discorso al posto del normale esame perché sentivo il bisogno di sfogarmi e di far conoscere alla commissione la persona che sono realmente”. Una frase che nell’era dei social ha scatenato reazioni di ogni tipo. Apprezzamento in qualche caso ma anche indignazione, sarcasmo e critiche.
Ve lo dico: il rischio, ragazzi miei, non è la contestazione. Anzi, fate bene a prendere le distanze dalle schifezze che noi adulti vi stiamo lasciando. Ma sapete di cosa ho paura, ed è un timore che c’era anche ai miei tempi, a fine anni Novanta? Non temo la contestazione del sistema. Anzi, la auspico. Benedico il vostro sogno, la vostra utopia di rovesciarlo, quel sistema. Mi fa paura invece lo scimmiottamento, l’eroismo di facciata. Siate ribelli, ma ribellatevi anche alle mode. Buona estate!
(editoriale di Belpaese, agosto 2025)