Cerca

La Grotta di San Giovanni, il ventre della Dea fecondato dal dio della Vegetazione

A poca distanza dal “furticiddhu della vecchia”, domina la località Santi Stefani, sul Monte della Serra, situato a 112 metri sul livello del mare, la grotta di San Giovanni, uno straordinario esempio di cristianizzazione degli antichi luoghi della spiritualità pagana.
La grotta, dovuta ad un singolarissimo fenomeno carsico, è caratterizzata da pilastri naturali che sembrano sorreggerne la volta. All’interno di essa si svolgevano le antiche ritualità neolitiche, legate alla fertilità della terra e degli uomini. Vertice e fulcro dell’anno naturale era per queste popolazioni la cui vita era scandita dai tempi della natura, la notte del solstizio d’estate, il momento culminante del viaggio del sole nel cielo, il quale inizia la sua ridiscesa. In questa magica notte avvenivano le nozze sacre del Dio della vegetazione, il cui simbolo era il serpente, con la Dea Madre, la cui unione garantiva la prosperità dei raccolti e la fortuna nella caccia. Tale unione veniva ritualmente replicata dai sacerdoti e dalle sacerdotesse che si rinchiudevano in queste grotte dando corso a rituali di fertilità che si incentravano sull’unione fisica e spirituale della terra con il mondo vegetale, la cui vita era garantita dalla rugiada che in quella magica notte diveniva teurgica, curativa.
Uomini e donne si rotolavano nella notte nell’erba per rigenerare il corpo e ritrovare la fertilità, e tutta la natura, sconvolta dalla magia astrale della notte di San Giovanni, veniva coinvolta in fenomeni straordinari: si riteneva ad esempio che gli animali acquisissero la parola e vaticinassero agli uomini le loro sorti. In seguito alle nozze sacre avveniva il consueto sacrificio umano o animale e la ricorrenza sacrale si concludeva con un falò, attorno al quale avvenivano danze e banchetti.
Di tali consuetudini rituali sono rimaste tracce importanti nelle tradizioni cristiane legate al culto di San Giovanni, che hanno contribuito a tramandare sino a noi l’essenza spirituale del nostro passato più antico. È stato proprio grazie alla cristianizzazione del culto pagano che è stata resa possibile agli antropologi ed agli archeologi la ricostruzione di un antichissimo passato che altrimenti si sarebbe perduto per sempre. La Religione Cattolica, memore della pax deorum che aveva garantito l’universalità spirituale di Roma nel mondo antico, preferì assorbire le religioni pagane anziché distruggerle, preservando nella trasformazione e nella attribuzione del senso autentico del sacro dell’intuizione che di esso aveva avuto l’antenato, che non aveva potuto avere conoscenza dell’incarnazione del logos divino.
La devozione al dio vegetazionale ed alla Dea Madre, traslata nel culto di San Giovanni e nella fortissima devozione Mariana, molto sentita a Giuggianello come in tutto l’Occidente cattolico, è potuta così sopravvivere fino ai giorni nostri, vivendo periodi altalenanti di fortuna tra un medioevo greco di splendore iconografico, nel corso del quale molti santuari rupestri vennero convertiti in chiese con l’apposizione di magnifici affreschi di scuola bizantina, ed un periodo di declino, conclusosi fortunatamente con un avvenimento prodigioso, la guarigione della figlia del massaro della vicina Masseria “Armino”, che contribuì personalmente al restauro dell’antica grotta ed alla ripresa di un fenomeno culturale che compendia l’essenza stessa dell’Identità Salentina, ossia la devozione ad una Madre Celeste, e contemporaneamente Madre terrena, della quale hanno avuto privilegiata premonizione e conoscenza i nostri avi, sin da quei tempi ancestrali nei quali Ella veniva chiamata Dea Madre.    (V. C.)