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La Bat lascia Lecce, tra misteri e rischio di speculazioni

L’azienda pensa intanto ad una riconversione della produzione delle sigarette, ma non dice quale sarà, mentre le sorti di 500 lavoratori rimangono appese ad un filo. E spunta il rischio di speculazione edilizia
 
La tramontana di lunedì mattina non è riuscita a placare gli animi durante il corteo tra le vie di Lecce dei lavoratori della manifattura tabacchi. Nella testa di tutti, ancora, come un macigno, quel comunicato stampa che la British American Tobacco ha diffuso dopo il tavolo di venerdì scorso a Roma: “Bat Italia cessa la produzione di sigarette ma è garantita l’occupazione”. Cosa significherà? I vertici dell’azienda non si espongono, anzi, piuttosto sibillinamente sottolineano “l’impegno di individuare misure tese a garantire la tenuta dell’assetto sociale ed economico del territorio, anche attraverso soluzioni di riconversione del sito che rappresentino alternative sostenibili alla produzione di sigarette e che garantiscano il mantenimento degli attuali livelli occupazionali. Questo obiettivo sarà perseguito attraverso un dialogo costruttivo e trasparente con i rappresentanti dei lavoratori e le istituzioni locali”. 
Ed è proprio questo il nodo, la “riconversione”. I sindacati lo hanno detto chiaramente che saranno disposti a sedersi ad un tavolo delle trattative, solo se la Bat ritirerà il suo comunicato stampa, perchè è impensabile per questo territorio perdere un’azienda che nell’ultimo anno ha chiuso i bilanci con un utile tra il 5 e l’8%, mettendo in cassa integrazione 300 lavoratori diretti con ripercussioni anche sui 200 dell’indotto. “Chi ha piani di investimento alternativi venga a investire nel Salento -ha detto Teresa Bellanova, deputata del Pd-. In questi anni non un solo lavoratore del Tac ha trovato ricollocazione. Non possiamo permetterci altre fuoriuscite dal tessuto produttivo”. Impossibile darle torto. La Bat è un’azienda sana, che nell’ultimo biennio ha aumentato la produzione di sigarette Ms nello stabilimento leccese, passando da 9 a 13 milioni di chili. Ma c’è di più. Nel 2004 ha rilevato quello che era di proprietà del Monopolio dello Stato, ha deciso di chiudere in tutta Italia 21 opifici per investire sull’unico rimasto, quello salentino, e per farlo ha percepito sgravi fiscali e agevolazioni che scadono il 31 dicembre prossimo. 
Ecco perchè ora ha deciso di fare i bagagli e andare via, non avrebbe più motivo di restare senza i contributi pubblici, anzi, già adesso, dopo la verifica interna effettuata su tutte le sue sedi europee, ha decretato che i nostri operai sono molto “meno competitivi” di quelli rumeni, sebbene  poco meno di quelli tedeschi. Di questo vogliono discutere i sindacati. Di come aumentare l’appeal della storica manifattura leccese, razionalizzando il personale, i turni e magari incrementando la quantità di sigarette da produrre. Di fronte rimane però un muro di gomma. 
Ma c’è un capitolo che spunta in tutta questa vicenda e si chiama speculazione edilizia. Un rischio sollevato dal Pd e dai sindacalisti, perchè la Bat, parlando a tutti i costi di riconversione, potrebbe aver in mente di trasformare l’immobile in altro. D’altronde la posizione strategica, dentro il centro abitato, in area di espansione urbana, potrebbe consentirglielo. Per questo la minoranza di Palazzo Carafa porterà nel prossimo Consiglio comunale la richiesta di congelare il cambio di destinazione d’uso della struttura. Il sindaco Perrone ha risposto che le speculazioni non ci saranno. Ma che il tema non rientrerà nell’ordine del giorno.   
 
Tiziana Colluto