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“In questo luogo si sognava, si rideva, ci si conosceva. Mancherà a molti

La storia del Santa Lucia corre attraverso le parole di Pasquale Ciccarese, lo storico proiezionista, il quale comprende le motivazioni che hanno spinto i proprietari a chiuderlo
 
Dall’unica sala buia illuminata dal proiettore alle quattro sale tra cui dividersi, soprattutto durante i frenetici giorni del Festival del Cinema Europeo. Pasquale Ciccarese (nella foto), lo storico proiezionista del Santa Lucia, racconta il “lungo film” del Cityplex.
Una vita dedicata alla pellicola: quando ha iniziato a lavorare al Santa Lucia? 
Ero ancora ragazzo, avrò avuto 16 o 17 anni. Per prendere confidenza con la pellicola ho iniziato ad affacciarmi al cinema Paisiello, e da lì al Santa Lucia. Ho preso il patentino da proiezionista e sono passato al teatro Apollo, che a quel tempo proiettava film di prima visione, e ancora al Museo del cinema di Torino, un lavoro che mi ha dato tante soddisfazioni perché si organizzavano proiezioni con registi molto esigenti. Quando sono tornato a Lecce ho lavorato per tre o quattro anni al Politeama, che prima faceva anche da cinema, e poi di nuovo, nei primi anni del 2000, al Santa Lucia. Ormai li conosco tutti. Sono arrivato all’età della pensione un paio d’anni fa, ma si rimane sempre nel giro, la mia esperienza è ancora richiesta, modestia a parte. 
Durante questa lunga carriera cosa è cambiato nel passaggio dalla sala unica al multisala?
Oggi è tutto automatico, anzi digitale. Ci sono un paio di proiezionisti al massimo per tutte le sale, ma comunque la loro presenza è fondamentale. Se va via la luce con l’automatico va tutto in tilt, quindi si deve riaccendere e riprogrammare. Per fortuna i nuovi hanno anche la funzione manuale. Nelle quattro sale del Santa Lucia io facevo il giro delle cabine per controllare gli otto proiettori; ma prima era più bello, l’operatore stava lì durante tutto il film. Ma i multisala hanno rovinato il cinema, ora è diventato un supermercato. 
Il Festival del Cinema Europeo è stato il fiore all’occhiello del Santa Lucia. Cosa ricorda di quell’importante appuntamento culturale?
In quei giorni sembrava di stare al Nord, si proiettava un film ogni due ore, sette film al giorno, un bel lavoraccio anche perché un film era un vecchio formato, uno normale, insomma ogni film aveva la sua scheda e ci si doveva adeguare. Però è una soddisfazione sapere che la gente è contenta.
Anche lei si sedeva in poltrona a godersi i film che proiettava? 
Fino a quando mancavano le macchine automatiche era d’obbligo, perché bisognava verificare che la pellicola andasse bene. Poi si è passati all’automatico, la pellicola resta ma c’è meno da fare. 
Perché i proprietari hanno deciso di chiudere e intendono vendere? 
È semplice, sicuramente gli affari non andavano bene. So che hanno chiesto degli aiuti agli Enti locali ma gli sono stati sempre rifiutati. Se hanno ceduto significa che non potevano fare altrimenti, loro sono molto affezionati al Santa Lucia. 
Si sentirà la mancanza del Santa Lucia? 
Si dovrebbe, più che altro tra i clienti affezionati. Il cinema è come una casa, si crea un’armonia familiare. Lì ormai ci si conosce, con alcuni si chiacchiera, si scherza: quello mancherebbe se dovesse non riaprire il cinema, il gruppo di cineamatori che si disperde, perché gli altri sono cinema commerciali. 
 
Giorgia Salicandro