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In principio fu la “Cassa del Mezzogiorno”

Correva l’anno 1950 quando Pasquale Saraceno, economista e soprattutto meridionalista, spingeva il governo De Gasperi ad istituire la Cassa del Mezzogiorno, altrimenti detta Casmez. L’istituto nasceva per finanziare iniziative industriali tese allo sviluppo economico del Meridione d’Italia allo scopo di colmare il divario con le regioni settentrionali. Un’idea sorta sulla falsa riga delle agenzie di sviluppo locale avviate nell’immediato dopoguerra negli Stati Uniti in pieno “New Deal”. I capitali pubblici così indirizzati verso il Sud sono serviti a realizzare, almeno fino agli anni Settanta, importanti opere ed in particolar modo per risolvere gli annosi problemi legati alle risorse idriche. Quando però la politicizzazione degli apparati pubblici che gestivano tali risorse è diventata eccessiva, della Cassa del Mezzogiorno si è cominciato a parlare come di un “carrozzone” e conseguente è stato il degrado della qualità della spesa e la diffusione dei fenomeni di illegalità.
È anche per questo che, nonostante l’istituto creato ad hoc per il Sud, lo stesso Meridione è rimasto indietro rispetto al Nord sulla scala della ricchezza, tanto in termini di Prodotto Interno Lordo quanto di produttività. E rispetto all’area più ricca del Paese, nelle regioni meridionali il reddito pro capite è mediamente la metà, così come i tassi di disoccupazione.
Nel 1984 la Cassa per il Mezzogiorno subisce una profonda modifica e viene istituita l’AgenSud. Ma quello che doveva essere uno strumento di modernizzazione del Paese, un motore della competitività, finì per arenarsi sul tavolo delle trattative tra i partiti. Inevitabile così nel 1992 procedere alla cessazione del “carrozzone” figlio di un altro “carrozzone”. E di un “sistema” che in 41 anni ha elargito alle regioni meridionali ben 279.763 miliardi di vecchie lire.