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Il travaglio del “Ferrari”

Nei giorni scorsi una donna ha dato alla luce una bambina nel Blocco Parto, dopo essere stata invitata a recarsi a Tricase ed essere stata giudicata “non urgente” 

 

L’ospedale “Ferrari” sempre più nell’occhio del ciclone per la chiusura del punto nascita, come previsto dal Piano di riordino del Servizio sanitario Regionale (nonostante la sospensiva concessa dal Tar). A gettare benzina sul fuoco l’episodio avvenuto pochi giorni fa che ha visto protagonista una donna di 23 anni alla 34esima settimana di gravidanza alla quale, dopo essersi presentata presso l’ospedale di Casarano, è stato consigliato di andare altrove precisamente a Tricase dove è presente un’Unità Operativa Semplice di Neonatologia, in quanto il suo caso non è stato ritenuto urgente dal medico che l’ha visitata. Il problema è che il travaglio era già cominciato e, stando ad una prima ricostruzione dei fatti, la donna avrebbe partorito addirittura nel parcheggio dell’ospedale, aiutata da una guardia giurata. 

Subito è arrivata la replica dall’Asl di Lecce, i cui vertici, dopo aver avviato una verifica interna e acquisito la cartella clinica della donna, hanno seccamente smentito che la stessa abbia partorito nel parcheggio: “La nascita -si legge in una nota diffusa dall’ente- è avvenuta nel Blocco parto dell’ospedale di Casarano. Si tratta di una donna alla sua terza gravidanza e alla 34esima settimana di gestazione che si è presentata stamane alle 5.45 nel Pronto Soccorso, accusando dolori. Viene chiesta la consulenza al ginecologo di turno, che non ritiene opportuno il ricovero, rimandando la donna al Pronto Soccorso con il consiglio di recarsi in un ospedale dotato di Utin. Nel frattempo, i dolori aumentano e il neonato inizia il suo periodo espulsivo. La donna viene condotta nel Blocco Parto dove completa la nascita, con parto podalico, assistita dall’ostetrica e dalla ginecologa. La madre e il neonato sono in buone condizioni di salute”.

Una storia a lieto fine, per fortuna. E solo per fortuna. A mente fredda una cosa non torna, però, a rigor di logica: se è vero che alla donna è stato consigliato di recarsi presso un ospedale dotato di Utin, perché non è stata accompagnata con un’ambulanza, considerato lo stato di salute in cui versava, anziché obbligarla a recarsi con mezzi propri a 25 chilometri di distanza e a quell’ora del mattino (sebbene fosse accompagnata dalla madre)?