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Il Salento a due velocità

Fin dagli anni ’30 le Ferrovie del Sud Est rappresentano una risorsa strategica, conservando ancora oggi il loro fascino. Eppure, a causa di errori strategici della politica, si dimostrano oggi insufficienti a risolvere le necessità dei trasporti nel nostro territorio 

 

474 chilometri per una rete ferroviaria che copre quasi tutto il territorio salentino e che si estende da Bari fino al Capo di Leuca, con stazioni in quasi tutti i principali Comuni. Le Ferrovie del Sud Est, sin dalla loro creazione, furono il modo con cui i salentini conobbero il loro capoluogo, la loro regione, il mare, le comunicazioni in generale col resto dell’Italia, in un paese in cui la rete ferroviaria nazionale terminava a Lecce. 

Il 6 agosto 1931, con una funzione centralizzata, imposta dalle necessità strategiche della nazionalizzazione del trasporto su rotaia (si era nel cuore del Regime fascista) venne creata la “Società anonima per le Ferrovie del Sud Est”, che incorporò nel successivo settembre la “Società anonima delle ferrovie salentine”, costituita nel 1905 a Genova al fine di facilitare i lavori per la costruzione dell’Acquedotto pugliese, e la londinese “Società anonima delle ferrovie sussidiate”. La rete, suddivisa in sette linee tutte fra loro a contatto, è ammessa ai Servizi Cumulativi Italiano e Internazionale attraverso le quattro stazioni comuni con le F.S. di Bari Centrale, Taranto Centrale, Francavilla Fontana e Lecce. 

Nel corso del decennio 1931-1941, nella prospettiva di un progetto di mobilità avveniristico per il periodo, vennero rimodernate il sistema rotabile, ampliate le stazioni, che diventarono in quegli anni dei parchi pubblici, impreziositi da fontanine, alberi, statue, che purtroppo l’incuria e l’inciviltà hanno sottratto ai salentini, in prospettiva di una rivoluzione, quella dell’abbandono dei locomotori a vapore verso le più moderne locomotive diesel, che vennero ribattezzate “littorine” in onore del simbolo dello Stato dell’epoca, il Fascio Littorio. 

Le littorine entrarono presto a far parte della cultura popolare, tanto che un simpatico detto dei nostri nonni, che per la prima volta magari, grazie alle ferrovie, dimezzavano i tempi di percorrenza per raggiungere il capoluogo e le località di mare, così recitava: “La littorina è lu trenu de lu Duce, prima te porta e poi te nnuce”, ed ebbero un fortunato lungo impiego ben oltre la caduta del Regime. 

Fino agli anni ‘60 almeno, quando le Ferrovie del Sud Est subirono un ulteriore processo di riammodernamento, esse rimasero, assieme alle vecchie carrozze Carminati & Toselli, i  più popolari mezzi di trasporto su rotaia, associati dai salentini all’affascinante mondo dei treni. Tutte le vecchie motrici, le carrozze, i treni merci, le littorine, possono essere visitate al Museo ferroviario di Lecce, una delle ultime grandi iniziative volte a valorizzare un patrimonio storico prima che di trasporto locale, processo di valorizzazione che faceva parte di un ambizioso progetto di cui si parla da anni, ossia di trasformare le Ferrovie del Sud Est in una sorta di metropolitana di superficie salentina, progetto che comporta nuovi investimenti, purtroppo fermi a causa dell’endemica carenza di fondi che coinvolge il settore del trasporto pubblico. Per adesso i salentini devono ancora confrontarsi con una concezione di trasporto pubblico cu rotaia risalente ai seppur pioneristici anni ‘30, e la cui trasformazione è ferma a causa della mancanza di volontà politica atta a sbloccare degli investimenti vitali che potrebbero veramente dare una svolta strategica al truismo ed agli scambi nell’antica Terra d’Otranto. 

Le stazioni, rimodernate, hanno purtroppo perso un po’ del loro antico fascino, di quando costituivano una delle più importanti strutture civili, di interscambio di merci e di persone, ma anche di idee e di iniziative, e rimangono, lì, come i caselli ferroviari, molto spesso abbandonati al loro destino di degrado, pochi dei quali riconvertiti, pochissimi dei quali valorizzati, molti dei quali chiusi per sempre. Le foresterie a disposizione dei capistazione, i locali tecnici serventi, anziché essere riconvertiti vengono spesso purtroppo demoliti, giacché è meglio la demolizione, spesso, all’incuria ed al vandalismo.

Ma le Ferrovie del Sud Est, al di là delle carenze strutturali e dei disservizi endemici, rimangono uno straordinario patrimonio sotto tantissimi punti di vista per i salentini. Patrimonio innanzitutto umano, di tanto personale tra tecnici, capistazione, conduttori, controllori, che con passione, spirito di sacrificio e pazienza cerca di sopperire con le proprie forze ai disservizi causati dalla già richiamata volontà politica. Sono questi uomini e queste donne la principale risorsa da cui ripartire, per restituire al Salento l’antico fascino dei suoi treni. 

 

Vincenzo Scarpello