Con Grande Sud Adriana Poli Bortone intende essere presente in Senato per rilanciare il nostro territorio scommettendo su taglio alla spesa pubblica, formazione professionale e territorialità delle imposte
Dopo la rottura con il Pdl si presenta per la prima volta in Parlamento con una lista autonoma in coalizione con il centrodestra. Adriana Poli Bortone è capolista al Senato con Grande Sud, che riunisce Io Sud, Movimento per le autonomie e Forza del Sud per riportare in agenda la crescita del Mezzogiorno, dopo gli anni della Lega Nord, e ammonisce: “Paghi le tasse chi fa profitto sul territorio”.
Poli Bortone, sino ad alcuni mesi fa era certa di non ricandidarsi, invece è tornata in campo. Che cosa le ha fatto cambiare idea?
Mi ha convinta il presidente Berlusconi, il quale ha compreso la validità del progetto Grande Sud e ha compreso che il Mezzogiorno deve avere una sua rappresentanza forte e qualificata in Parlamento.
La presenza di Grande Sud in Parlamento, quindi, intende bilanciare quella della Lega Nord nella coalizione di centrodestra?
Vogliamo bilanciarla in termini di interesse politico per un territorio che è rimasto indietro per diversi motivi, sui quali dobbiamo anche fare una sana autocritica; una situazione che, comunque, si era aggravata con lo spostamento dell’interesse verso il Nord. Non abbiamo nessuna difficoltà a ragionare su forme di federalismo che vadano di pari passo alla riduzione del numero delle Regioni e alla costituzione di macro Regioni, purché si operi anche per la perequazione infrastrutturale, ovvero la messa al pari delle zone depresse con le altre d’Italia, facendo in modo che il territorio nazionale sia messo allo stesso livello.
Lei si è pronunciata a favore della territorialità delle imposte. Ma in questo modo non si rischia di fare il gioco della Lega, penalizzando il Sud?
Assolutamente no. La grande industria, la grande distribuzione organizzata, chi fa estrazione del petrolio in Sicilia e Basilicata, fanno profitto sul territorio e pagano le tasse dove hanno la sede legale, a volte in Italia, più spesso all’estero. Noi chiediamo che si paghi là dove si fa profitto. In questo senso non si danneggia il territorio, anzi.
Ha dichiarato che il prossimo Parlamento dovrà discutere collegialmente della gestione delle nuove risorse europee. Quali sono le priorità?
L’ultima contrattazione a Bruxelles è stata tragica, soprattutto in tema di agricoltura. Il ministro Barca (ministro per la Coesione territoriale, ndr) ha presentato un corposo progetto di programmazione 2014-2020 che non mi pare sia derivato da una consultazione sul territorio. Non vorrei che quei soldi per le politiche di coesione, che l’Italia avrà ridotti, possano diventare dei danari spalmati su tutto il territorio nazionale, che non vadano al Sud.
Eppure la gestione dei Fas è stata oggetto di aspre critiche proprio nei confronti dell’ultimo governo Berlusconi, a causa dei ritardi nello stanziamento dei fondi.
I soldi per le aree sottoutilizzate rimanevano in cassa a causa delle inadempienze delle Regioni meridionali e della incapacità di spendere, e naturalmente la Lega Nord ha trovato subito i progetti per utilizzare quei fondi che sono stati regolarmente finanziati. Se la Regione Puglia non ha dei progetti forti, credibili, e non spende il denaro secondo i tempi richiesti, continuerà a mandare indietro il denaro.
In tema di giovani, la formazione professionale occupa un ruolo importante nel programma di Grande Sud. Qual è il progetto?
La formazione professionale dovrebbe essere sottratta in larghissima parte alle Regioni. Io ho presentato un emendamento alla legge Fornero, che è stato respinto dal Pd, affinché i corsi di addestramento presso studi professionali, botteghe artigiane, commercianti, fossero finanziati con i fondi della formazione professionale in un accordo in Conferenza unificata o in Conferenza Stato-Regioni.
Cosa intende fare dunque in merito?
Continuerò a insistere perché si possa ricondurre la formazione professionale all’interno del sistema scolastico nelle scuole di avviamento professionale, quelle che a mio avviso danno anche maggiore garanzia di lavoro. Mi piacerebbe anche che ci fosse una Conferenza permanente delle Regioni del Sud nella quale partecipassero con una programmazione impegnativa Confindustria, Confcommercio, le Università, le Regioni, gli Enti locali, perché spesso si producono lauree che non sono spendibili sul territorio o si fa un’overdose di formazione in alcuni settori saturi.
Puntando a separare i percorsi di studio già nella scuola superiore non si rischia di mantenere un gap culturale tra professionisti e artigiani?
No, anzi. È un’elevazione del livello culturale, ricordiamo che ci sono tanti vecchi artigiani che non hanno frequentato nemmeno la scuola elementare.
Restando sul territorio, è di questi giorni la notizia dell’inchiesta aperta dalla Procura di Lecce su Torre Veneri, con le ipotesi dei reati di disastro ambientale e gestione illecita di rifiuti speciali. Che cosa pensa del poligono militare di Frigole?
Avevamo provato già qualche anno addietro a chiedere che si indagasse su Torre Veneri, poi fummo prontamente rassicurati da parte delle autorità militari e dallo stesso Ministero della Difesa. Oggi vedo che il problema è venuto fuori: se si fosse affrontato per tempo non sarebbe stato un motivo di campagna elettorale.
Parliamo di tasse. Condivide la politica di austerity adottata dal governo Monti?
L’austerity non si può affrontare solto imponendo più tasse a chi è riconoscibile: ho parlato prima della grande distribuzione che ha la sede legale all’estero, e che di fatto evade. Bisogna tagliare comunque anche le spese: oggi le Provincie non servono, le Regioni, centri di spesa senza controllo, possono essere accorpate. Con la cultura post-sessantottina abbiamo avuto un pullulare di assemblee istituzionalizzate: tutti dovevano partecipare. In una città come Lecce nel 1998 io trovai nove Consigli circoscrizionali, praticamente il bilancio serviva solo a pagare gli amministratori.
E la sanità? Anche su quella si deve tagliare?
Va tutto bene nella sanità in Puglia? Nei giorni scorsi sono andata a visitare un ospedale in provincia di Bari nel quale erano stati spesi 4,5 milioni di euro per ristrutturare un’ala e dotarla di nuove attrezzature, ma al termine di questo iter quel reparto è stato chiuso.
Non ritiene che il Piano di rientro, imposto a livello ministeriale, abbia giocato un ruolo in tutto questo?
Il piano di rientro è stato imposto proprio perché la sanità era un fiume con mille rivoli. Nel piano di rientro bisogna avere la saggezza di distinguere cosa serve e cosa non serve: mi hanno detto che a Nardò hanno addirittura tolto l’ambulanza dall’ospedale. Si doveva passare a piccoli servizi sul territorio, ma questo non è stato fatto.