Dalla Comunità Europea via libera all’utilizzo del glifosato per altri 7 anni (anziché 15 e solo in agricoltura). Intanto un test Salvagente ha rivelato la presenza di tracce di prodotto in pasta, fette biscottate, corn flakes e farine in vendita nei supermercati italiani
L’incubo glifosato si addensa sul cielo d’Europa. E potrebbe farlo ancora per diversi anni, stando alle ultime decisioni del Parlamento europeo del 13 aprile scorso. Con 374 voti favorevoli, 225 contrari e 102 astenuti l’Europarlamento ha infatti chiesto di rinnovare l’autorizzazione, in scadenza a giugno, all’uso del glifosato nel nostro continente per altri 7 anni anziché 15. La decisione finale, nelle prossime settimane, spetta alla Commissione europea che sino ad ora ha preso tempo con una serie di rinvii, viste le numerose pressioni da parte dell’opinione pubblica che invocava il divieto totale di uso di questo erbicida in seguito agli studi scientifici dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui il fitofarmaco in oggetto è “potenzialmente cancerogeno”.
Scartata la prima opzione, quella di rinnovare l’autorizzazione per 15 anni, gli organismi europei hanno puntato su una via di mezzo, in barba però al principio di precauzione sulla salute umana che pure dovrebbe essere il faro illuminante delle decisioni continentali. Inoltre è stato sancito in questi 7 anni il divieto di utilizzo del glifosato in ambiti non professionali (cura dei giardini pubblici, del verde delle scuole, pulizia delle strade) e con obbligo di patentino, in attesa di approfondire gli studi sui rischi cancerogeni legati all’uso (e abuso) di questo fitofarmaco. In agricoltura, invece, si potrà continuare a spruzzarne tonnellate di Roundup (il prodotto più diffuso a base di glifosato) ogni anno sui campi. L’unica richiesta del Parlamento europeo è il divieto di utilizzo “pre-raccolto” sui cereali, cioè come disseccante.
La questione resta tuttavia aperta e il dibattito piuttosto avvelenato. Dopo lo shock legato alla scoperta di glifosato in 14 marchi di birre tedesche, un test Salvagente effettuato nei giorni scorsi ha rilevato tracce dello stesso principio attivo in prodotti italiani come pasta, fette biscottate, corn flakes e farine in vendita nei nostri supermercati. I residui riscontrati nei prodotti a base di cereali sono sempre stati inferiori ai limiti di legge, ma testimoniano una contaminazione molto diffusa del glifosato nel cibo e poco evitabile dai consumatori. Tracce di prodotto sono state rintracciate nei Kellogg’s All brain Plus bastoncini, nelle fette integrali Gentilini, nelle farine magiche Manitoba La Conte e nella farina d’America Manitoba Molino Spadoni. Per quanto riguarda la pasta, tracce sono state trovate negli spaghetti Colavita, negli spaghetti del Verde, nelle penne ziti rigate Divella, negli spaghetti Divella, nella Mafalda corta Garofalo, negli spaghetti Italiamo Lidl, nelle farfalle rigate La Molisana e negli spaghetti La Molisana.
L’Aidepi, l’associazione che riunisce gli industriali della pasta, replica alle agenzie con decisione: “Con le quantità rilevate non sarebbe possibile superare i limiti di sicurezza stabiliti dalle autorità sanitarie neppure mangiando 200 kg di cibo al giorno”.
Glifosato nell’acqua potabile oltre i limiti consentiti? In 2 città su 26 sì
Se la presenza di glifosato in farina, pasta e altri prodotti non è a livelli allarmanti perché non supera i limiti di legge, la questione si fa decisamente più problematica per quanto concerne, invece, l’acqua che beviamo quotidianamente. Sempre secondo il Test Salvagente, condotto da laboratori accreditati, su 26 campioni provenienti da diverse città italiane in due casi, nel Comune di Brusnengo (Biella) e in quello di Campogalliano (Modena), l’Ampa, un derivato del glifosato che con l’erbicida condivide la tossicità e gli effetti a lungo termine sulla salute umana, è risultato superiore ai limiti di legge. E quel che è peggio è che nessuna delle Regioni italiane, ad eccezione della Lombardia, analizza la presenza di glifosato e del suo metabolita Ampa nelle acque potabili, nonostante le raccomandazioni comunitarie.
“Pretendiamo che le istituzioni pubbliche replichino la campionatura nel minor tempo possibile”, avverte Alessandro Mostaccio, segretario generale del Movimento consumatori, uno degli artefici del test Salvagente sulle acque piemontesi. E’ doveroso sottolineare che la legge, sino ad oggi, non obbliga a cercare glifosato nell’acqua: il Decreto 31 infatti non prevede che venga ricercata la presenza di questo fitofarmaco che è stato riscontrato in piccole dosi di prelievo.
Alessio Quarta