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Il compostaggio della discordia

Non si placano le polemiche sul nuovo impianto che dovrebbe sorgere presso l’ex Adelchi, che vedono da un lato l’Amministrazione comunale -favorevole- e dall’altro un gruppo di cittadini, nettamente contrari

 

Non si arrestano le polemiche sulla creazione dell’impianto di compostaggio a Tricase. Posizioni sideralmente opposte quelle che dividono fautori e detrattori del progetto. Per l’assessore alle Politiche del Lavoro del Comune di Tricase Sergio Fracasso la questione è chiara: la creazione di un impianto di dimensioni medio-piccole che accoglierebbe circa 25-30mila tonnellate di rifiuti l’anno può portare solo vantaggi: in primo luogo si scongiurerebbe il pericolo del pagamento dell’ecotassa, evitando il conferimento dei rifiuti in provincia di Taranto con costi notevoli che graverebbero sulle tasche dei contribuenti; in secondo luogo il trasporto avverrebbe con due camion di grossa portata e quattro piccoli mezzi che non arrecherebbero disagi alla popolazione, ciò anche in virtù del fatto che l’impianto sorgerebbe fuori dal centro abitato, nei capannoni dell’ex Adelchi (a tal proposito l’Ato ha già pronti un milione e 400mila euro per la sua costruzione. 

Nelle dichiarazioni dell’assessore Fracasso le rassicurazioni arrivano poi sul piano ambientale e occupazionale: “La trasformazione di rifiuti organici non causa inquinamento atmosferico, avvenendo attraverso un processo biologico aerobico che decompone sostanze organiche come avviene in natura. Ultimo vantaggio ventilato è quello dell’occupazione -conclude l’assessore, grazie all’impianto infatti ci sarebbero nuove opportunità di lavoro”. 

Ma parte della cittadinanza non ci sta e in una lettera  destinata a Regione Puglia, Provincia di Lecce, Ato, Asi, Asl Lecce, Comuni di Tricase, Miggiano, Montesano e Specchia, un gruppo di cittadini spiega le ragioni del dissenso e reclama processi più partecipati su decisioni di rilievo. In primo luogo puntano il dito sulla scelta dei capannoni dell’ex calzaturificio sia in quanto zona di espansione industriale -con conseguenti danni per le aziende già presenti-, sia perché insistenti su una strada di ingresso alla Città dove i mezzi pesanti creerebbero disservizi in fatto di traffico. Le preoccupazioni messe nero su bianco coinvolgono anche la questione ambientale, nonché il destino stesso del luogo in cui dovrebbe sorgere l’impianto. “Gli stabili -si legge nella lettera- non sono di proprietà comunale, ma oggetto di una imminente asta immobiliare. Quindi, conclude la lettera, il Comune starebbe spendendo denari senza avere la certezza che chi gestirà l’impianto riesca ad acquistare all’asta i capannoni”. 

 

M. Maddalena Bitonti