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Giovani vite spezzate

Ancora morti italiane nelle valli afgane. A pagare il prezzo, quattro giovani soldati tra cui un salentino, il caporal maggiore Marco Pedone (23 anni) originario di Patù
 
Un altro tributo di sangue da parte dei militari italiani in Afghanistan.  Il 9 ottobre scorso quattro soldati italiani sono morti e due altri sono rimasti feriti nel corso di un’imboscata avvenuta poco dopo le 7.45 ora italiana da parte dei Talebani, che hanno rivendicato l’attentato. I quattro militari uccisi, tutti appartenenti alla Brigata “Julia” degli alpini, si trovavano a bordo di un Lince, veicolo blindato di scorta a un convoglio di 70 camion civili che rientravano verso ovest dopo aver trasportato materiali per l’allestimento della base operativa avanzata ‘Ice’ nella valle del Gulistan. Lo scoppio di una bomba sul tragitto ha fatto perdere la vita a Gianmarco Manca di Alghero, primo caporal maggiore, Francesco Vannozzi di Pisa, primo caporal maggiore, a Sebastiano Ville di Lentini, primo caporal maggiore e a Marco Pedone di Patù, caporal maggiore. Il militare ferito che si trovava a bordo dello stesso mezzo colpito è il caporal maggiore scelto Luca Cornacchia dell’Aquila mentre un sesto alpino è rimasto coinvolto in un imboscata ordita dagli stessi talebani e seguita allo scoppio dell’ordigno: si tratta di Michele Miccoli, originario di Aradeo. 
Il Salento continua così a pagare un conto salatissimo in termini di vite spezzate, di giovani in cerca di un futuro che non torneranno più a casa dai loro cari. Il caporalmaggiore Marco Pedone aveva solo 23 anni e viveva a Patù con il padre Michele, impiegato in una scuola di Maglie, sua madre Assuntina, casalinga, e le sorelle Annalaura e Carmen. Marco era diplomato perito tecnico industriale e aveva deciso due anni fa di andare sotto le armi: partito dal Salento lo scorso 12 agosto per la caserma di Belluno, dopo qualche giorno era stato destinato per la sua prima missione in Afghanistan dove aveva anche assistito all’attacco ad un convoglio italiano ad Herat che per fortuna non aveva causato vittime o feriti. “Ho sempre nutrito amicizia, stima e apprezzamento per la famiglia Pedone -ha sottolineato il sindaco, Angelo Galante- alla quale va la solidarietà mia e di tutta la comunità. Purtroppo spesso noi siamo chiamati a compiti così duri che viviamo in prima persona perché tutti abbiamo figli”. 
Straziante il rito funebre celebrato a nella chiesa di Santa Maria degli Angeli a Roma: “Marco, Francesco, Giammarco, Sebastiano, hanno testimoniato l’amore nel servizio ai più deboli ed emarginati, non rivendicando diritti ma rispondendo ai bisogni”. Queste le parole dell’ordinario militare, monsignor Vincenzo Pelvi, nel corso della cerimonia funeraria. “Erano in Afghanistan -ha aggiunto il sacerdote- per difendere, aiutare, addestrare. Compito dei nostri militari, in quella martoriata terra, è il mantenimento della sicurezza, la formazione dell’esercito e della polizia afgani, la realizzazione di progetti civili come ponti, scuole, ambulatori e pozzi”. A dare un piccolo segno di speranza la notizia che l’alpino ferito Michele Miccoli, di origine salentina ma residente da tempo a Belluno non è in pericolo di vita, risulta infatti essere cosciente ed ha risposto agli stimoli: il militare ha ferite agli arti inferiori ed è ancora ricoverato nell’ospedale militare da campo di Delaram.