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Fine pena mai a Borgo San Nicola

Ritorna alta l’attenzione per la condizione dei detenuti e degli addetti all’interno del carcere di Lecce: merito di monsignor Domenico D’ambrosio incapace di tacere di fronte al grido di sofferenza che si leva dall’interno del penitenziario
 
Continua ad essere insostenibile la situazione del Carcere di Borgo San Nicola a Lecce. L’ultima voce ad essersi alzata in ordine di tempo è quella dell’arcivescovo monsignor Domenico D’Ambrosio, da sempre vicino ai detenuti della città. Il 4 luglio 2009, infatti, data del suo insediamento, monsignor D’Ambrosio manifestò il desiderio di incontrare sia chi presso la casa circondariale si trova in qualità di recluso sia chi invece svolge le proprie mansioni di custodia. Il carcere, ai suoi occhi, non ha celato nulla di quello che è diventato ora: un posto inumano dove scontare le pene vista la presenza di 1.488 detenuti su un totale di 659 posti. Uno scompenso che non può passare inosservato e che giustifica la presa di posizione di chi nel carcere quotidianamente “sopravvive”. 
Così i detenuti sono passati alle vie di fatto: in venti, tramite l’avvocato Alessandro Stomeo, hanno inoltrato una richiesta di risarcimento al Tribunale di Sorveglianza del capoluogo salentino. Seicento euro per ogni mese trascorso all’interno della struttura in un’azione che se avesse successo vorrebbe solo dire che lo Stato, da garante dei diritti umani, passerebbe ad essere invece accusato di vessare chi si trova dietro le sbarre in spregio alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Il presule leccese non si arrende e appena c’è l’occasione non esita a far sentire come la pensa: nel messaggio dello scorso 24 agosto ha esortato i fedeli ad adempiere ad una delle opere di misericordia cristiane, cioè portare conforto ai carcerati: “Non può essere un sistema riabilitante ciò che invece abbrutisce. Così come è messo, Borgo San Nicola svilisce la dignità dell’uomo. Il cristiano, che crede ad un Amore che non conosce distinzioni di sorta, non può non far sentire il proprio dissenso. Io l’ho fatto perché credo in quella Parola, ma la Parola non si annunzia soltanto, si vive”. 
Il sovraffollamento del carcere non è dato soltanto dal numero dei detenuti ma anche dagli spazi vitali che sono ridotti al minimo: una cella è grande 11,5 metri quadrati e dovrebbe ospitare una persona, mentre a Borgo San Nicola sono tre i detenuti sotto lo stesso tetto che trascorrono in uno spazio davvero angusto almeno 20 ore della giornata. Ma anche chi ha il compito di sorveglianza nel carcere di Borgo San Nicola non se la passa affatto bene: manca il personale di Polizia Penitenziaria (120 unità, secondo fonti sindacali), gli stessi che hanno in mente di portare all’attenzione dell’opinione pubblica quanto succede nel penitenziario attraverso una protesta clamorosa, cioè ricostruire in dimensioni naturali due celle del carcere in Piazza Sant’Oronzo. Monsignor D’ambrosio ha parole di conforto anche per questi lavoratori: “Sono uomini come noi e vivono spesso nel disagio di dover far fronte a situazioni estreme che essi stessi rifiutano. Sono penalizzati per troppe cose: per i turni di lavoro, perché sono impari nel numero rispetto alle reali necessità, perché molte volte devono dichiarare la propria impotenza a fare qualcosa che umanamente vorrebbero fare. Bisogna dare atto a questa gente del lavoro che fanno: quanti suicidi sono stati sventati nel nostro carcere, per il soccorso, la prontezza e l’attenzione degli agenti penitenziari!”.