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Emergenza continua

Dati recenti indicano che gli sbarchi clandestini sono in diminuzione rispetto allo scorso anno, ma nelle ultime settimane gli “approdi” di immigrati irregolari in provincia di Lecce si sono intensificati. Pronto è scattato il potenziamento delle azioni di controllo soprattutto nei tre “punti di snodo” della regione: le coste adriatiche del Salento leccese, il porto di Bari e quello di Brindisi.
Ma nel Terzo Millennio, insieme ai clandestini, sbarcano anche droga ed armi

 

A dire la verità gli sbarchi di clandestini nel Salento a partire dalla prima storica emergenza del 1991 ci sono sempre stati, ma negli ultimi tempi il fenomeno sembra aver registrato una recrudescenza senza precedenti. È di appena una settimana fa la notizia dell’approdo di decine di extracomunitari sulle coste dei due Mari. Due notti consecutive di sbarchi che hanno richiesto un potenziamento di quelle azioni di controllo e di pattugliamento che pure nei punti “critici” della penisola salentina sono svolte ormai con cadenza quotidiana. E dopo i 10 afgani fermati precedentemente sul tratto di costa tra Torre San Gregorio e Punta Ristola, sempre a San Gregorio sono stati intercettati altri 17 clandestini, mentre in luglio altri trentuno cittadini afghani ed iraniani erano stati notati sulla costa di Santa Cesarea Terme, ovviamente privi di documenti. Si tratta degli ennesimi sbarchi di immigrati, dopo quello più “importante” del 26 maggio scorso quando dalle parti di Leuca un’imbarcazione di fortuna condusse nel Salento 60 clandestini libici.
Ovviamente non si contano cifre da emergenza; quanto avviene qui non ha nulla a che vedere, per esempio, con ciò che spesso si racconta di Lampedusa e degli altri avamposti dell’italica penisola facilmente raggiungibili via mare, ma gli ultimi eventi devono far alzare il livello di guardia.
Se non altro perché dalle nostre parti mancano centri di accoglienza attrezzati ad ospitare i tanti disperati che arrivano sulle coste e l’unica struttura qui presente, il Regina Pacis di San Foca è stata “chiusa” da tempo, lasciando sul campo solo strascichi giudiziari e polemiche in quantità industriale. La Questura di Lecce non può fare altro che procedere al rimpatrio coatto dei disperati, ma tra il tempo della denuncia e quello dell’applicazione della sentenza di espulsione, di solito, si contano moltissime ore (burocrazia docet!), al punto che per il ricovero di quella povera gente si devono fare avanti le strutture private. Quelle gestite dalle parrocchie e dalle diocesi, per esempio. Ma queste nel Salento sono troppo poche, e quindi non sempre adatte a dare ospitalità a tutti.
E se gli sbarchi non sono mai finiti, sono cambiate invece le rotte della speranza che conducono in Terra d’Otranto. Oggi arrivano sempre più genti dal nord Africa e sempre meno popolazioni balcaniche, a dimostrazione che le collaborazioni internazionali (come quella in atto tra il governo Italiano e quello Albanese che punta a limitare e possibilmente ad annullare il fenomeno già con azioni di controllo nel Paese delle Aquile) se impiantate su solide base di intervento reciproco possono anche funzionare. E talvolta molto bene. Qualcosa invece non procede a dovere dalla parte ionica del Mediterraneo. È vero che nel 2008, grazie all’azione combinata di nuove politiche ed all’accordo con la Libia per l’inasprimento della tutela penale dei fenomeni legati all’immigrazione clandestina, è stata registrata una fortissima flessione del numero degli sbarchi di irregolari, ma c’è comunque il fondato timore che la Libia voglia mettere pressione all’Italia su tutte le questioni ancora aperte per far pendere il piatto della bilancia dalla propria parte. E proprio la ripresa degli sbarchi degli ultimi giorni potrebbe essere il segnale di un avvertimento, di un messaggio che tra le righe appunta una ‘minaccia’ deleteria per L’Italia. Con il rischio che il flusso di clandestini nordafricani provenienti dall’ex colonia potrebbe riprendere come e più di prima.

 

Daniele Greco