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Egregio direttore,

le scrivo da Scorrano e ho una grande passione: la caccia. Il motivo della mia lettera sono i tanti pregiudizi e le costanti critiche che questo sport incontra ultimamente. Non mancano mai, nel corso di telegiornali e altre trasmissioni televisive, gli accenni alla violenza di questo hobby, i riferimenti ai pericoli apportati dalle “doppiette pazze”, ecc. Mi sembra che spesso si esageri, forse più per un animalismo ed un ambientalismo di facciata che per reali convinzioni. Ormai è tanto di moda schierarsi, a parole, a favore della natura. Ma i cacciatori non sono dei nemici della natura, anzi la conoscono, sanno cosa è lecito e cosa non lo è. Se poi qualcuno non rispetta i limiti di legge, non per questo deve essere condannata tutta la categoria.
Premetto che sono fortemente contrario alle proposte di deregolamentazione della caccia ultimamente avanzate. È giusto che questo sport abbia dei limiti. Ciò che non è condivisibile, a mio parere, è la condanna assoluta dei cacciatori: non siamo degli assassini! Capisco che a qualcuno possa dar fastidio l’uccisione di selvaggina, ma allora perché non condannare altrettanto ferocemente la pesca, alla quale vengono dedicate vere e proprie trasmissioni? Le assicuro che soffrono molto di più i pesci, costretti ad agonizzare a lungo, che i tordi o le beccacce. Forse sarò di parte, ma odio l’intolleranza che circonda il mondo della caccia. L’arte venatoria è antichissima e nobile e fatta nei limiti prescritti dalla legge e dal buon senso, merita, se non condivisione, per lo meno rispetto.
Cordiali saluti.

 

Alessio Palumbo