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Coltivava marijuana per uso terapeutico: denunciato come spacciatore

La vittima della burocrazia (e di una legge regionale ancora poco efficace) è un cittadino di Cutrofiano, affetto da tumore, che utilizzava la cannabis per alleviare gli effetti della chemioterapia  

 

Una piccola coltivazione di cannabis per uso terapeutico, nel caso specifico per alleviare gli effetti della chemioterapia, si trasforma in denuncia per spaccio di sostanze stupefacenti. Questo il fatto. Un uomo di Cutrofiano, che si sottopone alla chemio per la cura di una malattia tumorale, fa piantare in località “Mandrò” nove piantine di marijuana, appendendo ad una di esse un biglietto con tanto di diagnosi clinica e di motivazioni al fine di superare i problemi legati a inappetenza, crampi, spasmi e momenti depressivi. In Italia, tuttavia, la coltivazione di questa pianta è al momento illegale, se non per fini terapeutici e in un posto specifico quale lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, ragione per cui ai militari della Guardia di Finanza della Tenenza di Maglie non è rimasto che fare il proprio dovere: sequestrare le piante e i 53 grammi di cannabis già essiccata, ritrovati in casa dell’uomo su cui ora pende una denuncia per spaccio.

Al di là del caso specifico, tuttavia, è il nodo gordiano della questione a dover essere sciolto. L’uomo, già alcune settimane fa, si era rivolto in forma anonima all’associazione “LapianTiamo” di Racale, l’unico Cannabis Social Club d’Italia, per avere supporto legale e medico.

“Stiamo seguendo questo caso da vicino da una decina di giorni, da quando il signore ci ha contattati -spiega William Verardi, che con la moglie Lucia Spiri, affetta da sclerosi multipla, è una delle anime di “LapianTiamo”-. È necessario sempre avere una cartella di diagnosi per capire se siamo davanti alla necessità di cannabis per uso terapeutico o meno. Dopo di che è obbligatoria la prescrizione di un medico privato e, con la ricetta, il paziente si reca in ospedale dove avviene il trattamento”.

La Regione Puglia ha fatto, nel corso degli anni, diversi passi in avanti sino ad approvare la legge n. 2 del 2014, divenuta operativa a tutti gli effetti grazie alla deliberazione di Giunta n. 512 dello scorso aprile: “La legge pugliese permette di accedere al farmaco gratuitamente dalle farmacie dell’ospedale e ha esteso l’uso terapeutico anche ad altre malattie non comprese a livello nazionale come l’epilessia, gli autismi, il Parkinson o l’Alzheimer. Il problema è la burocrazia, la disinformazione dei medici che non sanno di poter prescrivere il Bedrocan -farmaco a base di cannabis- o si rifiutano, il terrorismo psicologico. Qui ci sono centinaia di pazienti che vengono curati con questi metodi, ognuno con genetica, dosaggio e metodo di assunzione diverso l’uno dall’altro, per cui la quantità di farmaci che provengono dall’Olanda è insufficiente, oltre che costosa per il servizio sanitario. E poi la cosa peggiore è che ci sono medici o farmacisti che vedono questa forma terapeutica come una storiella o una moda del momento”.

 

Serravezza (Lilt): “Mancano gli studi scientifici, ma può portare giovamento” 

 

“La marijuana è un ottimo analgesico, ma non ci sono studi scientifici che dimostrano come l’utilizzo della cannabis incida sulla riduzione degli effetti della chemioterapia”: a dirlo è il dottor Giuseppe Serravezza, responsabile medico e scientifico per la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori. “Detto questo, poi ogni esperienza è soggettiva, ci sono persone che la usano e ne traggono giovamento. Sono tanti i farmaci usati in medicina che sono derivati dalla marijuana e non va altresì negato che c’è un utilizzo, anche istituzionale, per quel che riguarda, ad esempio, le malattie neurodegenerative. Diciamo che la capacità di attenuare i problemi legati al trattamento è verosimile, provoca uno stato di pseudo benessere che è però tipico di chiunque provi la cannabis in qualsiasi condizione, anche in chi sta bene”. 

 

Alessio Quarta