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Case troppo care. La soluzione? Il cohousing

Una soluzione abitativa che coniuga risparmio economico e qualità della vita, grazie alla condivisione di spazi comuni, può essere un valido escamotage ai prezzi a volte proibitivi degli immobili
 
Possedere una casa di proprietà è il desiderio di giovani e meno giovani, ma difficile da realizzare. Quindi? Rinunciare oppure essere disponibili a una rivoluzione culturale: questa la soluzione al problema e la risposta viene dal cohousing. Tanto per cambiare, la soluzione arriva dall’estero e consiste in un nuovo modo di abitare con spazi e servizi condivisi tra persone amiche con cui si sceglie di progettare una comunità residenziale: versione riveduta e corretta delle famose “comuni” in voga negli anni ‘70. Sono più di mille gli insediamenti di questo tipo nel mondo e chi ha fatto questa scelta di vita giura che tutto è più semplice, meno costoso e meno faticoso. Di solito si condivide un micronido per i bambini, un orto o una serra, un living condominiale, un servizio di car sharing o una portineria intelligente che paga le bollette e ritira la spesa. 
L’idea di promuovere il cohousing in Italia nasce dall’incontro dell’agenzia per l’innovazione sociale Innosense Partnership e il Dipartimento Indaco del Politecnico di Milano, ma qualche volta oltre a una soluzione abitativa è anche un’occasione per guadagnare qualcosina. Accade a Cotati in California, a un’ora da San Francisco, dove una comunità che si è incontrata sull’idea di gestire gli spazi residenziali sul principio della sostenibilità ambientale e della qualità della vita, condivide una lavanderia, spazi per gli incontri e gestisce quattro spazi negozio. 
Sembra davvero avveniristico per la nostra cultura, in cui fatichiamo anche a vivere in condominio e proprio per questo è stato privilegiato lo sviluppo orizzontale delle città, piuttosto che quello verticale, con l’ovvia conseguenza di sottrarre maggiori porzioni di territorio all’ambiente. Eppure il cohousing sarebbe una soluzione intelligente per costruirsi una casa risparmiando perché gli spazi esclusivi avrebbero superficie minori e quindi costerebbero di meno, mentre i costi per edificare quelli comuni sarebbero divisi nella comunità. 
Per il momento i salentini hanno coniugato l’esigenza di una casa di proprietà e il contenimento dell’investimento rinunciando alle grandi superfici. Se fino agli inizi del 2000 era normale possedere e vivere in appartamenti dai 150 metri quadrati e oltre, oggi il taglio standard è di 80 metri quadrati. E non solo. I mini appartamenti sono ormai la maggiore offerta del mercato perché ai costi attuali e con gli stipendi magri sono l’unica cosa che ci si possa permettere. 
Sempre che non si decida di entrare a far parte della Rive, Rete italiana dei villaggi ecologici, nata nel 1996 per far conoscere le esperienze comunitarie dove è possibile vivere l’utopia di una società basata sulla solidarietà, la cooperazione e l’ecologia.  
 
(M.M.)