Fino a pochi anni fa, il sogno più diffuso tra i genitori italiani era quello di avere un figlio laureato. La laurea, il famoso “pezzo di carta”, veniva considerata la chiave che poteva aprire mille porte per il futuro dei propri figli. La democratizzazione dell’Università alla fine degli anni ’60, la trasformazione (in alcuni casi non indolore) della sua natura elitaria, l’istituzione di Agenzie regionali per il Diritto allo studio e di varie forme di sostegno per gli studenti meritevoli, hanno di certo favorito i progetti di tanti genitori e la crescita della quota di laureati. Ancora nei primi anni del nuovo millennio, col proliferare delle lauree triennali, il numero degli studenti è salito, dando nuova linfa all’Università stessa.
Quest’ultimo incremento, tuttavia, si è presto dimostrato un fuoco di paglia: corsi più brevi, ma non per questo meno difficili e tasse universitarie sempre più onerose hanno contribuito ad arrestare la corsa alla laurea. La crisi economica degli ultimi anni ha fatto il resto, rendendo estremamente difficile per le famiglie sostenere i costi degli studi universitari (soprattutto nel caso di studenti fuori sede). La conseguenza fondamentale di tali processi è stata il drastico calo del numero degli iscritti e dei laureati, come del resto emerge anche da una recentissima inchiesta promossa dal quotidiano “La Stampa”. La laurea, sempre più difficile e costosa, ha oramai perso, per molti, il proprio fascino e la propria utilità. Cresce ogni anno il numero di ragazzi che, dopo il diploma, preferiscono non continuare gli studi: perché farlo, del resto, se da laureati si rischia di trovare meno lavoro rispetto agli stessi diplomati? Anni di studio e di sacrifici economici non garantiscono più un sicuro avvenire e allora meglio rinunciare all’Università.
Su questa grave situazione, come se non bastasse, si è poi abbattuta la scure dei tagli ministeriali agli Atenei. La riduzione dei finanziamenti ha comportato una netta diminuzione dell’offerta formativa ed un nuovo aumento dei costi. L’aspetto peggiore di quanto detto sinora è che, in questo contesto così cupo, non sembrano emergere spiragli di luce: l’istruzione universitaria appare oramai abbandonata ad un’inarrestabile involuzione. Si sta spegnendo, gradualmente, il sogno della democratizzazione della cultura: l’Università torna ad essere un mondo elitario, dove chi può permettersi gli studi, indipendentemente dalla propria abilità, agguanta la tanto agognata laurea. Per tutti gli altri non resta che dire addio alla “cara Università”.
Alessio Palumbo