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Arrestati i presunti assassini di Peppino Basile

Un banale bisticcio tra vicini di casa per vecchi rancori per dei costruzione in muratura le cause alla base dell’omicidio del consigliere comunale di Ugento

 

Ventiquattro coltellate, un anno e mezzo di silenzi e omertà e poi la soluzione, quasi banale, di un giallo che riporta tutto esattamente al punto di partenza, via Nizza ad Ugento. È dalle identiche palazzine che hanno assistito mute all’omicidio di Peppino Basile (nella foto), il 15 giugno del 2008, che vengono portati via coloro che gli inquirenti ritengono i suoi assassini. Si tratta di un nonno e di un nipote, il sessantaseienne Vittorio Colitti ed il diciannovenne Luigi Colitti, all’epoca dei fatti ancora minorenne. Carabinieri e polizia hanno fatto irruzione mercoledì scorso nella loro casa di via Nizza a pochi passi dal luogo del delitto. A permettere l’arresto è stata la testimonianza chiave di una bambina di sei anni, l’unica capace di rompere l’omertà regnata per mesi tra gli abitanti e raccontare ciò che aveva visto quella maledetta notte dalla finestra di casa della nonna, quando le grida dell’uomo l’avevano svegliata e salita su una sedia aveva assistito all’omicidio, riconoscendo gli assalitori. È lei la testimone chiave che ha permesso la soluzione di un giallo che aveva aperto molte piste, da quella politica a quella passionale, facendo scavare a lungo nelle attività di consigliere, sia provinciale che comunale, di Basile, che nella sua Ugento aveva denunciato varie possibili speculazioni ambientali.
Accanto alle denunce in Consiglio e fuori, sempre spalleggiato dal suo partito, l’Italia dei Valori, c’erano poi quelle tante voci sulla sua vita privata, “storie di donne” si diceva in giro, dopo la separazione dalla moglie. Tutte strade che oggi sembrano invece infrangersi su una realtà forse più misera, certamente più insensata, quella dei futili motivi che avrebbero portato all’assassinio. Un banale bisticcio tra vicini di casa, o meglio  vecchi rancori per la costruzione in muratura, molto verosimilmente una scala, realizzata sul muro di confine fra le abitazioni di Basile e della famiglia Colitti. Un contrasto finito in tragedia e poi nel silenzio. In quella cortina di riservatezza e “farsi i fatti propri” di cui nella conferenza stampa seguita agli arresti ha parlato con stupore anche il  procuratore capo Cataldo Motta. Alla fine però la verità è venuta fuori, grazie ad una giovanissima testimone, unica tra gli oltre 300 ascoltati nelle indagini. Anche lei inizialmente era rimasta in silenzio perché la nonna le aveva detto di stare zitta, di non dire niente a nessuno. Una consegna che la piccola ha violato solo quando è stata ascoltata dal sostituto procuratore Simona Filoni del Tribunale dei minorenni. Dalla finestra di casa della nonna, la bambina ha raccontato di avere assistito all’aggressione di Peppino, di aver sentito le sue grida e poi visto i due che lo avevano assalito “fare finta di aiutarlo”.
Una dinamica, naturalmente, da verificare nei dettagli durante gli interrogatori dei prossimi giorni. Nonno e nipote dovranno rispondere di concorso in omicidio volontario, detenzione e porto abusivo del coltello che non è stato ancora ritrovato. A disporre l’ordinanza di custodia cautelare il Gip del tribunale di Lecce Antonio Del Coco e del Tribunale dei minori Cinzia Vergina. Accanto alla testimonianza della piccola, confermata dal fratellino cui aveva raccontato tutto, le macchie di sangue a pochi metri dalla casa dei Colitti e le minacce di morte che il consigliere aveva raccontato di avere già ricevuto in passato dalla medesima famiglia. Non ultimo, un particolare più inquietante, la richiesta d’aiuto a “comare Tetta” di Basile. Durante l’aggressione, il consigliere, avrebbe infatti invocato l’intervento della madre del ragazzo per avere salva la vita.

 

Alessandra Lupo