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Apparente trasparenza

A due anni di distanza dall’introduzione dell’Operazione Trasparenza (ovvero l’obbligo, da parte degli enti statali, di pubblicare sui propri siti web i dati relativi a curricula e compensi dei dirigenti, tassi di assenza del personale e così via) Belpaese è tornato a visitare i portali istituzionali di molte amministrazioni pubbliche del territorio salentino. Il risultato? Sempre meno trasparenza. E sempre più opacità

“In tre anni la pubblica amministrazione sarà completamente digitale e sburocratizzata.” Ipse dixit il ministro Renato Brunetta, nemico giurato dei fannulloni del pubblico impiego, all’indomani dell’entrata in vigore del Codice dell’Amministrazione Digitale. Doveva essere l’approdo di un lungo cammino cominciato nel 2005, ma a ben guardare si naviga a vista e in mare aperto. 
Belpaese torna a verificare la trasparenza (sempre più apparente) della pubblica amministrazione dopo una prima incursione nei siti istituzionali fatta a settembre 2009 per verificare se il termine fissato per l’applicazione delle norme fosse stato rispettato. La sorpresa? Nessuna, oggi come allora.  Nel solco della tradizione italiana, la riforma Brunetta rimane di fatto inapplicata. E non solo. Dopo le inchieste giornalistiche che hanno denunciato privilegi della fascia dirigenziale dell’apparato burocratico, ormai inaccettabili, sui siti istituzionali di molti Comuni salentini è sempre più difficile poter accedere alle informazioni che la legge Brunetta impone di pubblicare: retribuzioni e curricula dei dirigenti, tassi di assenza e presenza del personale, Posta Elettronica Certificata, recapiti. Diverse amministrazioni hanno cancellato il dato sulla retribuzione dei dirigenti, per non parlare poi della quasi totale indifferenza verso i tassi di assenza e presenza del personale. 
Inutile dire che i dirigenti della pubblica amministrazione mal digeriscono l’Operazione Trasparenza e, una volta tanto, non è solo il Sud a non essere in regola. Nel sito della capitale morale, Milano, al di là della Pec (la Posta certificata), non c’è alcuna finestra sulla trasparenza. Il Comune di Roma “viviseziona” i tassi di assenza e presenza dettagliando tra i vari motivi di assenza, ma il sito istituzionale del Comune di Torino ha inserito sotto la voce “trasparenza pubblica” gli atti della Giunta, del Consiglio comunale, le determine dirigenziali, e non si trova traccia delle retribuzioni, dei tassi di assenza e presenza, dei curricula. Mal comune, mezzo gaudio, potrà dire qualcuno. 
D’altra parte sul sito del ministro Brunetta i dati relativi alla riforma non brillano per essere aggiornati e completi, ragion per cui non è certo un buon esempio. Il monitoraggio sullo stato di applicazione della legge è fermo ad agosto dello scorso anno, ma nel sito che il ministro Brunetta ha dedicato alla sua riforma è precisato che le amministrazioni sono obbligate a rispettare le norme sulla trasparenza. Il Ministro ha più volte dichiarato sfracelli per gli inadempienti ma pare che, passata la fase iniziale, nessuno se ne sia più preoccupato. Così, delle meraviglie che avrebbero dovuto renderci più facile la vita rimangono deboli tracce che non hanno certo cambiato radicalmente la nostro rapporto con la pubblica amministrazione. Inoltre, le voci critiche verso questa riforma sin da subito sottolinearono che il Codice Digitale dell’Amministrazione  è per lo più ricco di enunciazioni di principio, ma difetta di disposizioni operative che consentano la concreta attuazione delle norme. 
Eppure la trasparenza non è un orpello per dare soddisfazione alla curiosità spicciola: lo sanno bene i paesi nordici che ne hanno fatto un’arma efficace per combattere la corruzione. Proprio questo aspetto giustifica quella che altrimenti sarebbe una vera e propria violazione della privacy con la pubblicazione dei dati personali e le notizie riguardanti lo svolgimento delle prestazioni da parte dei dipendenti pubblici e la relativa valutazione. 
Gli enti locali sono chiamati a garantire l’accessibilità totale delle informazioni pubbliche e la massima chiarezza al ciclo di gestione della performance con l’obbligo di pubblicazione sul sito internet. La mancata adozione o attuazione del programma triennale è punita con il divieto di riconoscere al dirigente competente la retribuzione di risultato. Poi, siccome ogni legge ha la sua scappatoia, questa penalizzazione non viene ricordata a proposito di Regioni, Province e Comuni: in pratica non è chiaro se una sanzione colpisca le autonomie locali che non danno attuazione alle norme sulla trasparenza. Una beffa per un ministro che voleva rendere chiaro, trasparente e inequivocabile l’iter della legge. 
 
Maddalena Mongiò