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A corto di liquidi

La crisi che soffoca il Salento si legge anche negli ultimi rapporti della Banca d’Italia e di Confartigianato Imprese Lecce: in tra il 2010 e il 2011 sono “spariti” dai conti bancari 159 milioni di euro, mentre tra febbraio e marzo di quest’anno le stesse banche hanno concesso alle aziende 30,5 milioni di euro in meno di prestiti 
 
Considerato il triste momento che grava sull’economia del territorio c’era da attenderselo. Era nell’aria che l’appiccicosa crisi del mercato, dei posti di lavoro che mancano e degli aumenti selvaggi degli ultimi mesi gioco forza avrebbero intaccato anche i risparmi. E non solo. La congiuntura si sconta anche nella difficoltà delle aziende e delle famiglie di avere acceso al credito, in un sistema in cui, stranamente, chi più ha (gli istituto di credito) continua a tenere per sé e chi cerca (credito, appunto) non trova.
Gli ultimi dati consegnati da un rapporto della Banca d’Italia e da uno studio realizzato in ambito provinciale da Confartigianato Lecce esprimono in modo inequivocabile che aria si respira dalle nostre parti. Aria asettica, come se in una stanza già piccola e stretta per tutti non si riescano ad aprire le finestre per generare parvenze di cambiamento. In queste pagine cercheremo di focalizzare le due “piaghe” riferite al sensibile calo del saldo-depositi presso le banche distribuite nella provincia leccese ed alla chiusura repentina dei rubinetti del credito operati dagli stessi istituti bancari nei confronti delle aziende. 
Le cifre del resto, si diceva, parlano chiaro. In un anno, per tutto il 2011, sono “spariti” dai conti bancari dei salentini 159 milioni di euro (di contro i prestiti personali o ipotecari per le famiglie sono cresciuti di 72 milioni di euro!), mentre sul fronte “prestiti alle imprese”, il saldo negativo (la differenza tra le assegnazioni creditizie del 2010 rispetto a quelle del 2011) si assesta intorno ai 30 milioni e mezzo di euro. Numeri che, evidentemente, sono lo specchio della crisi che vive il Tacco d’Italia, stretto nella morsa degli ormai noti problemi che soffocano interi comparti, da quelli una volta trainanti per la nostra economica (tessile-abbigliamento-calzaturiero su tutti) ai lidi della new economy, di quei servizi che si credevano indispensabili nel Terzo Millennio, ma dei quali già in molti cominciano a farne a meno. 
 
Daniele Greco
 
Depositi bancari, mancano all’appello 159 milioni di euro
 
A tanto ammonta la differenza tra il saldo depositi del 2011 (pari a 4 miliardi e 723 milioni di euro) e quello del 2010 (quando invece all’attivo c’erano 4 miliardi e 913 milioni di euro) in provincia di Lecce 
 
Gli effetti della recessione dalle nostre parti? Si leggono anche e soprattutto nei saldi dei depositi bancari delle famiglie salentine. Scesi in un anno dai 4 miliari e 913 milioni di euro del 2010 ai 4 miliardi e 723 milioni di euro del 2011. All’appello mancano 159 milioni di euro, “evaporati” per le esigenze del quotidiano vivere delle famiglie che hanno così dovuto pescare dai propri risparmi per far fronte a spese più o meno impreviste.
In provincia di Lecce sono attivi 264 sportelli bancari distribuiti nei 97 comuni che compongono il territorio della Terra d’Otranto. Le “maggiori perdite” si registrano a Martano (passato in un anno da 71 milioni di euro a 63 milioni di euro, con un meno 10,85%), Trepuzzi (10,56%), Casarano (7,60%), Nardò (7,48%) e Monteroni (7,41%). 
Lecce è prima nella speciale classifica riguardo il totale dei depositi. Gli sportelli cittadini sommano infatti un miliardo e 579mila euro, moltissimi euro in più di quanto ne somma la seconda in lista, Galatina, ferma -si fa per dire- con 208 milioni e 434mila euro in cassa. Terza piazza in ex aequo per la seconda città più popolosa del Salento, Nardò, e la “commerciale” Maglie, che agli sportelli attivi nei rispettivi territori comunali nel 2011 hanno raccolto entrambe 182 milioni di euro. Fuori dal podio, ma comunque sopra i cento milioni di euro in depositi si assestano Casarano (137 milioni di euro), Gallipoli (129) e Leverano (111). 
Lecce è anche in cima all’elenco delle città salentine per impieghi di denaro. Qui per prestiti di diversa natura, gli istituti bancari hanno messo in circolo 2 miliardi e 817mila euro. Distanti, molto distanti tutte le altre. La piazza d’onore tocca a Maglie, seconda con 297 milioni di euro, cui seguono, nell’ordine, Galatina (260), Gallipoli (247), Nardò (203), Tricase (190), Martano (78), Copertino (73) e Taviano (72). 
C’è, infine, una terza classificazione in merito al saldo tra i depositi e gli impieghi, ovvero la differenza tra quanto raccolto con quanto distribuito con finanziamenti dalle banche. In vetta spicca Copertino, con un saldo attivo di 50milioni e 258mila euro, che è la differenza tra i 123 milioni e 899mila euro di depositi e i 73 milioni e 641 mila euro erogati. A seguire Leverano (saldo positivo di 37 milioni di euro per la differenza), Campi Salentina (attivo di 18 milioni), Monteroni (circa 17 milioni), Squinzano (14 milioni), Trepuzzi (12 milioni) e Ruffano (1 milione). Decisamente negativo, in materia il saldo riferito alla città capoluogo. A Lecce i 65 sportelli bancari attivi hanno “distribuito” somme per due miliardi e 817mila euro che “decurtati” del miliardo e 579mila euro rivenienti dai depositi, produce uno sbilancio in rosso pari a un miliardo e 238 milioni di euro.
 
(D.G.)
 
C’è crisi? Lo dice pure l’Istat
 
Anche l’Istituto nazionale di Statistica conferma che gli italiani non riescono più a risparmiare 
 
I dati diffusi dalla Banca d’Italia che evidenziano la diminuzione dei risparmi delle famiglie è confermato anche dal report annuale dell’Istituto nazionale di Statistica. Secondo l’Istat la propensione al risparmio degli italiani nel 2011 è sceso al 12%, registrando un “deficit” dello 0,7% rispetto alla rilevazione annuale precedente. Mai negli ultimi 15 anni si era registrato un dato così “rosso”. Ed è inutile sottolineare che il trend è stato in costante decremento dall’avvento dell’euro in poi. 
Di fatto non è che gli italiani, di punto in bianco, da “formiche” siano diventate “cicale”: la questione, più semplicemente e realisticamente, è che non ci sono più soldi. Tanto che quelli  una volta depositati nelle banche o nei conti correnti postali sono serviti per tirare avanti. Una condizione che ha interessato moltissime famiglie italiane, dal momento che a fatica e con evidenti apnee a fine mese arriva più di un italiano su due. Il reddito delle famiglie nel 2011 è sì aumentato del 2,1% rispetto all’anno precedente, ma il “topolino” dell’inflazione ha così tanto rosicchiato che il potere d’acquisto ha subito nel complesso una perdita dello 0,5%.