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Nel mondo sonoro di “Stidda di luci”

Con un tour e l’idea delle “guide all’ascolto”, Francesco Negro presenta il suo nuovo album 

 

Immergendosi nel “colore musicale” del compositore romano Giancarlo Simonacci, il noto musicista salentino Francesco Negro (nella foto) ne esplora le opere pianistiche dando vita alla sua nuova fatica discografica Stidda di luci (Silence Records 2016). Un lavoro di attenta ed elegante ricerca sonora pensato per tutti, e non solo per i fruitori della cosiddetta “musica di nicchia”, che Francesco sta presentando al pubblico attraverso una guida all’ascolto, come ci spiega in quest’intervista. 

Partiamo dal titolo dell’album, cosa vuol dire Stidda di luci? 

Il titolo si ispira a una canzone popolare siciliana, che si chiama appunto Stidda di luci e che vuol dire “stella lucente”. È una canzone d’amore con un testo che il maestro Simonacci ha reinterpretato musicalmente. 

Con questo lavoro ti immergi nella musica contemporanea a 360 gradi. Ci spieghi com’è strutturato? 

Sì, è la prima volta che mi propongo al pubblico nelle vesti di interprete con un cd di musica contemporanea. Contiene le opere pianistiche del compositore romano Giancarlo Simonacci, in ordine cronologico dal 1981 a oggi. Simonacci è stato innanzitutto il mio maestro, poi conoscendolo ho trovato interessanti le sue composizioni e mi sono molto incuriosito. Studiandolo ho ritrovato nelle sue opere l’influenza di compositori italiani e americani. È un grande conoscitore di musica contemporanea, in particolare di John Cage. Trovo nel maestro Simonacci tanti elementi che ritrovo in altri compositori. 

Quale di questi elementi ti colpisce di più? 

La cosa che più mi piace di questo tipo di composizioni è il suo rapporto con il suono, cioè il fatto di relazionarsi con la risonanza dello strumento e dell’ambiente che ti circonda. E anche il fatto di porsi non come pianista ma come musicista nei confronti della musica. 

Ha influito su di te il “colore musicale” del maestro Simonacci oppure hai lavorato sull’onda libera del tuo sentire? 

Io sono un musicista di estrazione classica e jazz, pertanto le composizioni le ho interpretate secondo il mio punto di vista. Non avendo, infatti, delle registrazioni a cui fare riferimento ho potuto lavorare senza esser condizionato da alcun tipo di influenza, dando così vita a una mia visione personale delle composizioni. E ci sono state delle cose che il maestro Simonacci ha apprezzato molto perché non immaginava che potessero essere interpretate in maniera diversa da come lui le aveva scritte. 

Con il tour di presentazione dell’album lunedì 7 novembre sarai a Roma. In Salento hai già fatto numerose tappe, che tipo di riscontro stai avendo da parte del pubblico? 

Sì, il 7 novembre sarò ospite della rassegna musicale organizzata dall’Associazione Roma Tre Orchestra. Riguardo al pubblico il riscontro è positivo, nel senso che la gente è curiosa e questo grazie anche alle guide all’ascolto di estratti del disco che ho organizzato in circoli, associazioni, scuole di musica. La gente non è abituata ad ascoltare la musica contemporanea e la mia idea è proprio quella di avvicinare le persone a questo tipo di musica. L’album e le mie guide all’ascolto sono delle operazioni di tipo culturale perché il territorio, secondo me, ha bisogno di essere smosso e lo si può fare proprio piantando il seme della curiosità. 

 

Claudia Mangione