Si presta bene ad essere consumato anche fuori pasto (ad es. aperitivo) e piace ai giovani: il rosato salentino sta vivendo una stagione d’oro e il successo di eventi come il Roséxpo lo dimostra
Il vino rosato storicamente è una produzione enologica tipica del Salento. La sua origine può risalire fino alle vendemmie delle colonie della Magna Grecia e la produzione si dipana lungo i secoli con alterne fortune, continuando anche dopo la distruzione del patrimonio vitivinicolo causata dalla fillossera fino a giungere ai giorni nostri. Basti pensare al Five Roses della Cantina Leone De Castris. È probabilmente il rosato più famoso d’Italia, oltre che il primo ad essere stato imbottigliato, nel 1943. Una storia tutta da raccontare, quella di questo vino. Il nome deriva da una contrada di Salice Salentino, Cinque Rose, così chiamata in virtù della tradizione di ogni Leone De Castris di avere cinque figli. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il generale americano Charles Poletti volle una grossa fornitura di questo rosato, le cui uve provenivano dalla contrada Cinque Rose. Pensò però che un nome inglese fosse più appropriato e si decise così di chiamarlo Five Roses.
Una produzione, quella legata al rosato, che comunque continua a rappresentare una certezza per quel che concerne il settore vitivinicolo pugliese. “È un momento d’oro per il rosato, specialmente nelle aree del Negroamaro e del Nero di Troia. Le aziende puntano molto sul rosato, lavorando tanto sull’aspetto qualitativo. Non si tratta di vini beverini, ma complessi. Questo indica che c’è una forte consapevolezza, sia del cliente sia da parte del produttore”.
Ulteriore testimonianza della bontà del prodotto arriva dal successo, specialmente in termini di espositori e buyers, della terza edizione del Roséxpo, tenutosi nella storica e suggestiva location del Castello Carlo V di Lecce dal 3 al 5 giugno scorsi. Dopo il successo delle prime edizioni che ha visto la partecipazione di aziende provenienti da ogni regione italiana e svariate etichette dell’iniziativa è quello di creare un percorso condiviso per la promozione dei territori (italiani ed esteri) vocati alla produzione di questa tipologia, facendo il punto su terroir (il rapporto che lega un vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo in cui è coltivato, determinante per il carattere e l’unicità del vino), vitigni, tecniche produttive ed aspetti sensoriali. Una manifestazione rivolta al grande pubblico, senza trascurare l’attenzione agli addetti ai lavori, con laboratori ed eventi collaterali, e che ritornerà puntuale il prossimo anno.
Alessio Quarta