La cultura salentina piange la scomparsa dell’artista (ma anche giornalista e scrittore) leccese, deceduto il 9 gennaio scorso all’età di 82 anni
“Ho sempre disegnato da quando andavo alle elementari, spesso i professori mi sorprendevano durante le lezioni con il quaderno bianco davanti dove mettevo tutti i miei disegni: un mondo inquieto, mai uguale, frutto anche di una grande cultura, soprattutto moderna, che mi derivava dalla grande biblioteca che aveva mia madre, sorella di Vittorio Pagano”. Queste parole vennero pronunciate circa un anno fa dal pittore leccese Ugo Tapparini, scomparso lo scorso 9 gennaio all’età di 82 anni (lo scritto integrale è riportato nel catalogo Ho sempre disegnato. Ugo Tapparini. Antologica, a cura di chi scrive).
Il maestro è da considerarsi parte di una tipologia ormai rara di artisti, in quanto sino all’ultimo respiro sentiva forte la necessità di disegnare e vederlo all’opera era sempre estremamente affascinante e toccante, soprattutto negli ultimi periodi in cui era allettato ed aveva difficoltà a deambulare. Lui, infatti, considerava il suo essere pittore una vera e propria missione e attraverso i colori esprimeva messaggi e sentimenti. Ugo Tapparini nacque a Lecce nel 1933 da Amilcare, di origine veronese e trasferitosi nel Salento poiché lavorava nelle forze armate, e da Angela Pagano sorella del noto studioso, scrittore e poeta Vittorio Pagano. Ugo dunque crebbe in un clima denso di cultura poiché lo casa dello zio Vittorio fu luogo di incontro di personaggi colti, quali Vittorio Bodini e Michele Massari prima e Carmelo Bene, Tonino Caputo, Antonio Massari ed Edoardo De Candia poi e quindi sito di importanti scambi culturali di cui Ugo ne fece tesoro.
La produzione pittorica del primo Tapparini è completamente differente da quella più nota, poiché il maestro al principio era legato alla visione decadentista promossa dai “poeti maledetti” francesi, per cui le opere erano tendenzialmente cupe, con colori freddi e rappresentava spesso scheletri, mummie, insetti, vascelli destinati ad affondare ecc. A partire dalla metà degli anni ‘70 i personaggi presero nuove forme e nuovi colori: tonalità sfavillanti e uomini esprimenti una felicità apparente divennero i nuovi protagonisti.
Lo stile tappariniano è grottesco, caricaturale, fumettistico ma sottende messaggi profondi e significativi. Solo un’analisi superficiale non permette di comprendere la complessità dei messaggi. In sostanza, secondo il maestro, l’uomo in generale è schiavo sia delle proprie passioni che della società che lo circonda, per cui è sempre raffigurato, ad esempio, o mentre si abbuffa a tavola, gioca d’azzardo, è schiavo del sesso oppure collocato su mezzi precari, come le zattere, le mongolfiere, le cuccagne che altro non sono che il simbolo della politica precaria e inaffidabile su cui l’uomo ripone la propria fiducia e che difficilmente potranno portarlo alla salvezza. Un’altra tematica è la centralità della donna nella vita: le donne di Tapparini sono sovente giunoniche, poste al centro del dipinto, spesso sorreggono i loro maritini piccoli e impauriti i quali necessitano di una protezione che un tempo ottenevano dalle madri e che poi pretendono dalle mogli.
In definitiva, le motivazioni di tali scelte appartengono alla sua personale considerazione dell’animo umano ritenuto mediocre, impuro, infimo e quindi infelice. L’unica possibilità di riscatto per l’uomo risiede nella cultura, nella pittura e nell’arte in genere. È doveroso precisare come Ugo Tapparini sia stato un giornalista, scrittore, costruttore edile per cui conosce bene il mondo e lo indaga non solo con gli occhi di un pittore, ma con lo spirito di un uomo che conosce bene la società, spesso meschina e artificiale. Tapparini però non vuole canzonare e prendere in giro tutto il mondo, ma sostanzialmente lo vuole “fotografare” attraverso il suo “obiettivo”. I personaggi di Tapparini, come attori consapevoli e ben disposti a farsi ritrarre, non sono abbelliti o ingentiliti, non mirano ad essere bambocci costruiti ma sono decostruiti e rivelano le loro fragilità e leggerezze.
Da questo modo molto comunicativo di concepire l’arte si comprende come il maestro sia stato un giornalista, fondatore dell’ormai estinta televisione locale Tele Lecce Barbano. Molti si ricordano di lui quando conduceva il telegiornale, dove presentava le notizie in maniera molto appassionata e non fredda e distaccata come spesso accade oggi.
Importanti nomi dell’arte come Longanesi, Maccari, Guttuso sono stati imprescindibili per l’arte ed il successo del maestro. Il 2005 fu un anno importante in quanto Tapparini espose opere meravigliose all’interno del Cafè de Paris di Montecarlo, questa esperienza servì a rafforzare il suo nome a livello sia nazionale che internazionale. Dopo il suo lungo migrare per il mondo ha concluso i suoi giorni in quella che fu la casa di Edoardo De Candia: grande artista ed amico d’infanzia di Ugo, scomparso nel 1992. Il destino ha voluto riavvicinare per sempre questi due importanti e indissolubili nomi dello scenario artistico leccese.
Gian Piero Personè