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Porto Miggiano, il consolidamento inizia a cedere

Alcune foto ritraggono le criticità della baia che potrebbero essere ricondotte alle motivazioni alla base del sequestro ordinato dalla Procura. Non tutti, però, sono d’accordo 

 

Era il giugno 2015 quando i sostituti procuratori Antonio Negro ed Elsa Valeria Mignone avviarono il procedimento nei confronti di dieci persone per presunte irregolarità riscontrate nei lavori di consolidamento del costone roccioso della baia di Porto Miggiano. Secondo la Procura gli interventi messi in atto, finanziati con 3 milioni di euro dal Cipe, non solo non sarebbero stati efficaci, ma avrebbero addirittura peggiorato la stabilità di quella roccia, rendendo quindi la cala di Porto Miggiano ancora più pericolosa per i frequentatori dell’area. A detta degli inquirenti i lavori di consolidamento avevano come obiettivo la realizzazione proprio delle piattaforme da far fruire ai bagnanti e la spianatura dell’area superiore alla baia che avrebbe dovuto fungere da parcheggio; opere non inserite nel progetto originale e che avrebbero dovuto avere l’autorizzazione dell’Ufficio demanio della Capitaneria di Porto di Gallipoli e il nullaosta delle Autorità preposte al vincolo.  

A quasi un anno di distanza, poco o nulla si è saputo in merito a questa vicenda, e in attesa che le indagini della Magistratura facciano un po’ di chiarezza, giungono delle foto che denotano un precario “stato di salute” della località balneare alle porte di Santa Cesarea Terme. 

In particolare, si può notare come le piattaforme realizzate sembrano stiano per collassare; forse anche a causa dell’erosione del mare, emerge infatti come il loro interno sia vuoto, prive quindi di fondamenta. Le immagini mostrano anche dei ferri arrugginiti che vengono fuori dalle piattaforme, probabilmente emersi a causa di alcuni massi spostati dal mare. Nei pressi della scala che fa accedere alla baia si è formato un piccolo cumulo di rocce, che può essere riconducibile a dei piccoli crolli. 

Porto Miggiano si presenta quindi oggi con un quadro piuttosto sconcertante, tanto da far supporre che le accuse della Procura non siano infondate. Non sono però di questo parere esponenti e sostenitori della precedente Amministrazione comunale di Santa Cesarea Terme, che aveva attuato i lavori di consolidamento del costone roccioso. Secondo l’ex maggioranza consiliare, le foto hanno un’altra spiegazione: quelle relative alle piattaforme riguarderebbero solo una piccola parte dell’intera piattaforma realizzata con i lavori, che invece è intatta; i ferri arrugginiti sarebbero inoltre stati trasportati dalle mareggiate degli scorsi anni, mentre giacevano sul fondale, e sarebbe stata un’altra passata mareggiata a staccare e poi spostare le pietre che poi si sono accumulate. Qualunque sia la verità, ciò che resta è un bellissimo scorcio salentino reso però inaccessibile a causa del sequestro della Procura, anche se questo fatto non sembra assolutamente fermare gli amanti di quell’area che, soprattutto d’estate, violano i sigilli per andare a farci il bagno. 

 

Intanto la Procura dissequestra l’area a ridosso della Torre saracena 

 

Anche se i sigilli vengono costantemente violati, ciò che più si augurano visitatori, turisti e in generale gli amanti della celebre “spiaggetta” è il dissequestro della baia di Porto Miggiano. Una speranza che sembrava tramutarsi in realtà alcuni giorni fa quando si era diffusa sul web la notizia che la cala era ritornata ad essere legalmente fruibile. 

Una gioia strozzata però quasi sul nascere: è stata davvero archiviata un’inchiesta riguardante Porto Miggiano, ma non quella riguardante la celebre baia, bensì l’area sovrastante il porto, a pochi metri dall’imponente Torre saracena. Il sequestro di quel punto fu disposto nel 2013 e le accuse furono quelle di abusivismo edilizio in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, distruzione e deturpamento di bellezze naturali. Nel mirino finirono il dirigente dei lavori pubblici di Santa Cesarea Terme, il direttori dei lavori e il titolare della ditta esecutrice. Dopo circa 3 anni, quindi, è arrivata l’archiviazione da parte del Gip Giovanni Gallo, con il relativo dissequestro dell’area in questione

 

Alessandro Chizzini