Dopo quattro anni, il Tar di Lecce ha accolto il ricorso delle associazioni per la tutela dell’ambiente contro il progetto di ampliamento della base militare al Capo di Palascia
Punta Palascia è salva. Il progetto della Marina Militare, sostenuto dal Ministero della Difesa, di ampliamento della base preesistente nel campo di Otranto, con l’installazione di due torri tra i 7 e 11 metri (poi ridotte in seconda istanza ad una sola), è stato bloccato dai giudici amministrativi del Tar di Lecce, che con recente sentenza hanno dato ragione alla cittadinanza attiva, mobilitatasi contro ogni alterazione del paesaggio attraverso il ricorso legale.
Lo scacco al discusso progetto sul lembo estremo d’Italia è avvenuto in tre mosse, ma è stato “partorito” in ben quattro anni di attesa, in cui il comitato “Giù le mani da Punta Palascia”, i Giuristi democratici di Lecce, la Regione Puglia, l’Ente Parco e le varie associazioni ricorrenti hanno sostenuto le proprie ragioni in tutela del simbolico approdo, illuminato da uno dei fari più caratteristici del Mediterraneo.
Il primo motivo alla base di questo successo riguarda proprio la legittimazione a ricorrere contro cui si era levata forte la voce dell’Avvocatura dello Stato (e su cui si era giocato parte del dibattimento), ma che i giudici di Lecce hanno pienamente riconosciuto alle associazioni. Il secondo elemento determinante si rileva in un dettaglio “burocratico”: secondo il Tar, le opere militari non risultano esenti dalle prescrizioni legislative poste a tutela del paesaggio. Quindi, il Ministero della Difesa avrebbe dovuto chiedere ed ottenere le necessarie autorizzazioni a procedere come prescritto dalla legge. E ancora più precisamente si è chiarito che il “totem” del segreto di Stato non sia da considerarsi escluso da questo meccanismo.
Il terzo punto è con ogni probabilità il più importante, perché ha riempito le discussioni in questi quattro anni: il Ministero della Difesa aveva rappresentato nel corso della causa l’assioma secondo il quale le ragioni di stato e di sicurezza avessero preminenza sul concetto di difesa ambientale; il dettato dei giudici, invece, ha ribaltato questo criterio, riconoscendo all’ambiente e alla sua tutela lo stesso peso di fronte alla legge, in quanto diritti riconosciuti all’articolo 9 della Costituzione italiana e, per questo, paritetici all’esigenza della sicurezza nazionale. Una vittoria piena che, tuttavia, potrebbe riaprirsi in sede di Consiglio di Stato.
Valentina Stamerra, tra i legali che hanno seguito il ricorso fin dalla prima ora, sottolinea come questo risultato sia stato il successo della “buona prassi amministrativa e della partecipazione attiva di cittadini volenterosi e amanti del territorio. Questa sentenza si iscrive in un trend nazionale -ha chiarito- che attesta come i cittadini, quando hanno la volontà di tutelare i propri diritti, non possono essere fermati. Mi riferisco a quanto già visto con i recenti referendum: mi sembra che questa vicenda rappresenti territorialmente quel che è accaduto a livello nazionale”. Dal punto di vista giuridico, l’avvocato Stamerra parla di “sentenza storica, in quanto esistono altri esempi sporadici di situazioni similari, in cui con ordinanze si ribadiva i concetti fatti propri dall’espressione del Tar del Lecce. Non v’è dubbio che questa vicenda possa diventare paradigma per altre situazioni in cui siano contemperati due interessi diversi”.
Adesso rimane l’incognita radar a Gagliano del Capo
Una situazione simile al caso di Punta Palascia, che potrebbe trarre dalle recenti sorti giudiziarie del faro di Otranto la propria soluzione. A Gagliano del Capo, la vicenda del radar di profondità che la Guardia di Finanza vorrebbe installare in località “Sciuranti”, a 75 metri dal parco naturale regionale “Otranto – Santa Maria di Leuca”, è già approdata al Tar di Lecce, grazie al ricorso presentato dai legali Mario Tagliaferro e Anna Baglivo, a nome di diverse sigle contrarie all’infrastruttura (comitato Anti-radar, Legambiente, Italia Nostra, Cgil, Federconsumatori, Critical Food, Turismo verde, Cea, Auser, Pro loco, Sos costa Salento).
Un’aggressione al territorio che non piace ai cittadini e che sorprende per la dimensione dell’appalto (5,5 milioni di euro circa), in grado di ottenere in poche settimane i pareri favorevoli di tutte le amministrazioni interessate (Regione Puglia compresa, tramite il Servizio Foreste) senza la minima traccia di pubblicazione. Con l’aggiunta dell’impatto visivo di un ecomostro in metallo alto circa 36 metri, come un palazzo a dieci piani.
Mauro Bortone