Tra i trentaquattro soldati caduti in Afghanistan dall’inizio delle operazioni nel 2004, cinque sono originari della provincia di Lecce
Con Marco Pedone sale a cinque il numero delle vittime salentine in Afghanistan. Su un totale di trentaquattro morti dall’inizio della missione partita nel 2004, il contributo del Salento si può dire consistente.
Il 24 novembre 2007 muore in un attentato suicida nei pressi di Kabul il maresciallo capo Daniele Paladini, 35 anni. Il militare era nato a Lecce nel 1972 ma si era trasferito in Piemonte con la famiglia. Abitavano a Novi Ligure, in provincia di Alessandria dove Daniele era cresciuto trascorrendo gli anni dell’adolescenza. Era sposato con Alessandra Rizzo, piemontese di 39 anni, e aveva una bambina, Ilaria, di 6. Nel corso dell’attentato altri tre militari rimangono feriti. Paladini era nato a Lecce ma si era trasferito in Piemonte con la famiglia.
Il 21 settembre 2008 muore per un malore a Herat poco prima di montare di guardia il caporal maggiore Alessandro Caroppo, 23 anni, di San Pietro Vernotico e di stanza nell’ottavo reggimento bersaglieri di Caserta. Il 17 settembre 2009 sei militari muoiono in un attentato suicida a Kabul, rivendicato dai talebani. Le vittime, del 186esimo reggimento paracadutisti “Folgore” di stanza nella capitale, sono il tenente Antonio Fortunato, il primo caporal maggiore Matteo Mureddu, il primo caporal maggiore Massimiliano Randino, il sergente maggiore Roberto Valente, il primo caporal maggiore Gian Domenico Pistonami e il primo caporal maggiore Davide Ricchiuto residente a Tiggiano, nel Salento. 26 anni, Ricchiuto era nato a Glarus in Svizzera ed era il secondo di tre figli: il fratello maggiore si chiama Ippazio e la sorella minore Anna Lucia.
Il 26 febbraio 2010 viene ucciso Pietro Antonio Colazzo, 48 anni, originario di Galatina nel corso di un attentato suicida compiuto dai talebani a Kabul contro due guest house. A Kabul, dove era arrivato nel 2008, Colazzo era un agente operativo dell’Aise, i servizi di sicurezza italiani che operano all’estero, anche se ufficialmente era un consigliere diplomatico della presidenza del Consiglio distaccato presso l’ambasciata. In attesa della nomina del nuovo responsabile per la capitale afghana, era lui a guidare l’intelligence a Kabul ed era impegnato in particolare nella controinformazione. Con grande sangue freddo, nel pieno dell’operazione terroristica, stava fornendo indicazioni alla polizia locale sui movimenti dei guerriglieri. Grazie al suo intervento ha permesso di mettere in salvo altri quattro italiani che si trovavano nell’hotel, prima che un kamikaze si facesse esplodere.