Sabato 11 settembre alle 10 la sede del Centro di Solidarietà “Beato Faà di Bruno” di Casarano ha ospitato l’incontro dal titolo “Lotta alla povertà. Educazione: una strada percorribile”. L’occasione è stata incentrata sulla presentazione del progetto S.M.I.L.E. – Strumenti e Metodologie per l’Inclusione e la Lotta a Emarginazione sociale e povertà, che vede come soggetto capofila l’associazione di volontariato Augusto del Noce, nata nel 1991 a Casarano. L’associazione, come ha ricordato il presidente Dora Cocola nei saluti iniziali, è nata per “dare forma a esperienze di carità e solidarietà sociale”, come il mercatino dello studente, con il quale da anni si aiutano le famiglie del territorio a far fronte al caro libri, e l’attività di aiuto allo studio, che ha l’obiettivo di offrire alle stesse famiglie un sostegno di tipo culturale, oltre che materiale.
Il progetto presentato, risultato della partecipazione ad un bando del 2009 relativo alla lotta alla povertà e all’esclusione sociale, si pone l’obiettivo di individuare un gruppo di famiglie al quale continuare a dare sostegno, mediante l’accompagnamento allo studio e l’orientamento al lavoro, trasferendo le buone prassi attraverso la rete dei partner. L’incontro, introdotto e moderato dal presidente dell’associazione, ha visto la presenza di Ivan De masi, sindaco di Casarano, che ha sottolineato l’importanza della lotta alla povertà, e di Filomena D’Antini Solero, Assessore alle politiche giovanili e pari opportunità della Provincia di Lecce, che ha espresso la propria approvazione per l’iniziativa. L’assessore D’Antini ha affermato che l’idea progettuale coglie esattamente nel segno del problema della povertà economica e culturale, andando ad interessare l’educazione alla solidarietà che, a suo parere, è l’anello di congiunzione tra i due aspetti del problema.
Gli altri relatori sono stati “estrapolati” da alcune realtà, territoriali e non, che hanno da tempo “le mani in pasta” della piaga sociale in questione. Tra loro il primo ad avere la parola è stato don Lucio Ciardo, presidente del Banco delle Opere di Carità della Puglia, il quale ha richiamato ognuno alle proprie responsabilità. Citando la Deus Caritas Est di Benedetto XVI, ha ricordato che, nell’attenzione alla povertà, la Chiesa non è solo sussidiaria o collaboratrice, ma responsabile. È ovvio però che questo non è solo compito dei sacerdoti, “ognuno”, ha affermato don Lucio, “se vuole offrire pienamente il proprio servizio alla Chiesa, deve mobilitarsi per dare speranza agli ultimi, che non devono restare tali, ma hanno bisogno di essere aiutati a riavere la propria dignità”. Il secondo intervento è toccato ad Anna Corciulo, presidente dell’associazione Icaro amici di Avsi di Maglie, la quale ha raccontato la propria esperienza missionaria in Uganda dal 1991 al 1996 e l’esperienza di solidarietà a Maglie che, iniziata al ritorno dall’Uganda, continua ancora oggi. A. Corciulo ha testimoniato concretamente e fortemente cosa significa “fare i conti” col problema povertà, ricordando che “la prima carità è l’educazione” e che “educare significa essere presi per mano da un amore alla persona che apre alla realtà”. A suo parere, occorre servirsi dei progetti per entrare, attraverso le persone che si vanno ad aiutare, nella vita di coloro che ci circondano, facendo percepire che “ogni persona è unica e per questo desidera portare a compimento la propria felicità”.
Successivamente, essendo stata data la parola al sottoscritto, ho ribadito che il problema povertà è strettamente legato al problema educazione, sia essa alla critica, alla libertà e alla disponibilità ad un rapporto. A mio parere, se uno non è educato a criticare le cose non è messo nelle condizioni ottimali per far agire la propria libertà. E cosa permette di criticare, di dare un giudizio? Un rapporto: il punto che sta alla base di tutte le scelte è un rapporto con una persona presente ora e che tiene a te. A tirare le fila del dibattito è stato Alessandro Menegatti, presidente della cooperativa sociale Work and Service di Comacchio, che si pone l’obiettivo di aiutare i ragazzi ad entrare nel mondo del lavoro. A. Menegatti ha ricordato che a Casarano, in Africa e ovunque si vada, la gente ha lo stesso cuore, per questo l’unica cosa che fa muovere tutti è, per usare le sue stesse parole, “incontrare qualcuno, innamorarsi e lasciarsi amare”. Secondo A. Menegatti nel lavoro questo significa che “se uno non si gusta quello che fa, difficilmente può pretendere di farlo gustare agli altri che lavorano e stanno con lui”. Si tratta del “gioco continuo della libertà, per cui il senso della vita è un amico presente, la moglie, il marito, insomma, uno da cui lasciarsi amare e da amare”.
La conclusione, interessante e condivisibile, ha fatto riferimento al tema della sussidiarietà, intesa come “il riconoscere la responsabilità che i corpi intermedi hanno dentro la società”, queste le parole conclusive dell’incontro proferite da A. Menegatti: “Non siamo (riferendosi alle opere di carità) le crocerossine della società, ma amiamo e questo ci rende più gustosa la vita”.
Tiziano Rossetto
Presidente del Centro di Solidarietà “Beato Faà di Bruno”