La Giunta comunale riduce i vincoli sulla costruzione di case coloniche ed immediata scatta la protesta delle associazioni ambientaliste
Ricordate Il ragazzo della via Gluck? La celebre canzone di Adriano Celentano si concludeva con la frase “Non so non so, perché continuano a costruire le case e non lasciano l’erba…”. Questo successo degli anni ‘60 sembra essere tornato d’attualità a Nardò e il motivo di ciò è legato ad una nuova delibera avanzata dall’amministrazione comunale cittadina. Cerchiamo di mettere ordine alla vicenda.
Fino ad ora, per costruire una casa colonica di 100 metri quadri su terreno agricolo, era necessario possedere un appezzamento di 10mila metri quadrati. Tale normativa aveva come fine principale quello di preservare le campagne, evitando fenomeni di edificazione selvaggia. Un obiettivo, purtroppo, raggiunto solo in parte. L’ultima delibera dell’Amministrazione comunale, dimezzando il numero di metri quadri di terreno necessari, rende di fatto estremamente più semplice costruire case in campagna. Massimo Vaglio, responsabile della sezione Salento Ovest della Lega Italiana Difesa Animali, non ha esitato a definire tale atto amministrativo come “privo di qualunque valenza pratica, ma chiaramente costruito ad arte per favorire la sempre folta schiera di spregiudicati e furbetti. Così, mentre non si prende nessun provvedimento per rivitalizzare il sempre più degradato centro storico, ove si potrebbero recuperare preziose cubature con buona pace per l’ambiente e per l’economia cittadina, si incentiva la distruzione del territorio rurale, si stravolge l’identità culturale e paesaggistica della campagna e si incentiva di fatto la perforazione di pozzi e lo scavo di deleteri pozzi neri”.
L’assessore all’Urbanistica, Cosimo Caputo, ha cercato di stemperare la polemica sottolineando il fatto che “la delibera riguarda solo le zone di tipo E1 (zona agricola normale) e mantiene il vincolo dei 10mila metri, anche se questi ultimi possono essere distribuiti in modo diverso, ossia con un terreno di mezzo ettaro, su cui edificare, e l’altro mezzo ettaro derivante da altre proprietà”. Nonostante le rassicurazioni, l’opinione pubblica spera in un passo indietro da parte dell’Amministrazione comunale o in un intervento correttivo (o, meglio ancora, ostativo) della stessa Regione Puglia.
Alessio Palumbo